Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, II.djvu/151

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148 PARTE PRIMA ne le donne grandissimo senno è non amar uomo più nobile di loro, narrò molto accomodatamente una bellissima novella ai nostri giorni avvenuta; la quale perché degna mi parve d’esser da tutti intesa, quello stesso giorno cosi a la grossa per modo di commentario scrissi, a ciò che non m’uscisse di mente, con animo poi di rivederla e come ho fatto, mettervi l’ultima mano. Ora essendo venuta a Ferrara una gran parte de la nobiltà di Milano ad onorar le vostre magnifiche e suntuose nozze, ove ancora vi si trovavano tutte le belle donne de la città e la maggior parte dei gentiluomini, fu essa novella narrata a la presenza di tutti da esso messer Filippo, venuto con l’illustrissimo signor Gian Paolo Sforza vostro onorando consorte. Onde piacendovi molto, poi che con assai onorevoli parole quella lodaste, piac- quevi la vostra mercé comandarmi che io ve ne facessi copia; il che alora promisi di far molto volentieri. Averei con effetto a la promessa sodisfatto, se non mi fosse stato di bisogno per commissione del signor duca di Ferrara con diligenza ritornarmene in Mantova, ove alora si ritrovava il signor Aloise. Da altre poi faccende che di giorno in giorno mi sono sovravenute impedito, ho tardato fin ad ora a pagarvi il debito che con voi aveva. Ora per uscir de l’obligo mio, avendo agio di sodisfarlo, non mi è paruto onesto di tardar più a disobligarmi. E tanto più volentieri a questo mi muovo quanto che di continovo mi sovviene la sempre acerba ed onorata memoria de la vertuosa e cortesissima signora la signora Ippolita Sforza vostra madre, donna in ogni secolo senza superiore, esser stata quella che a scriver il libro de le mie novelle m’incitò e con infinite ragioni mi sospinse. Però giudico convenevole che voi, come erede de la beltà, costumi, valore, umanità, cortesia e di tante altre doti di lei, siate quella a cui meritevolmente questa novella si doni. E ben che il dono sia picciolo, se vi degnarete graziosamente accettarlo farassi di voi degno. Il che son certissimo che voi la vostra mercé farete. Feliciti nostro signor Iddio tutti i vostri pensieri. E basciandovi le mani umilmente, a la vostra buona grazia mi raccomando. State sana.