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NOVELLA XLIX 215 portava una lanterna col lume dentro, andò a casa d'Anselmo, e quivi giunto cominciò a batter la porla. Venne un servidore e disse: — Chi batte? — e intendendo che era Carlo Montanino che diceva voler parlar ad Anseimo, tutto pieno di meraviglia e stupore il fece intendere al suo padróne. Anseimo udita l’ambasciata, latto subitamente accender duo torchi, scese le scale, fece aprir la porta e andò a ricever con gratissima accoglienza Carlo, dicendogli che fosse il ben venuto e che cosa ci era da fare. Carlo rendendo ad Anselmo i convenienti saluti gli fece intendere che aveva bisogno di parlar seco in una camera ove non fossero altri a la presenza. Anseimo quivi veggendo Angelica, de la novità de la cosa senza fine meraviglia- tosi né sapendo che in cosi fatto caso imaginarsi o presumere, nessun'altra risposta fece se non che disse: — Sia al piacer vostro e andiamo. — Messa adunque innanzi. Angelica e preso per la mano Carlo e a banda destra per forza messolo, salirono le scale di compagnia ed entrarono in sala, e di quella si ridussero in camera d’Anselmo, la quale sontuosamente era ornata e ad ordine si come a la nobiltà e ricchezze del padrone si conveniva. Quivi dato per commissione d'Anselmo da seder a la bella Angelica ed al fratello di quella, Anselmo anco egli s’assise e fece tutti i servidori uscir fuor de la camera. Rimasi adunque essi tre soli, Carlo in questa guisa rivolto verso il Salimbene il parlare, a dir cominciò: — Tu non ti meravi- glierai, Anseimo, se io userò nuovo modo in parlarti che ne la nostra città non s’usa, chiamandoti '< signor mio » come sempre ti chiamerò e terrò, perché tu hai fatta cosa che merita che cosi ti nomi, lo da te riconosco questa povera vita, la quale eternamente sarà ad ogni tuo voler ubidientissima. Mia sorella da te ha ricevuto me suo fratello e il suo onore e la sua quiete. Se la malignità de la contraria fortuna non ci avesse trovati, ella ed io averemmo di pari gratitudine a l’obligo che teco abbiamo, sodisfatto. Ma perché, signor mio, nessuna cosa ci ha lasciato che gli animi e questi dui corpi, quali la tua mercé hai conservati, vuol la ragione che siano tuoi. Ed essendo chiaro che ciò che fatto hai è stato per amor d’Angelica,