maggior pazzie e i piú bei stracolli del mondo. E sovra questa
materia narra egli di molte ridicole cosette, che afferma a’ nostri
giorni esser avvenute. Io m’ho sempre dato a credere che egli
perciò che meravigliosamente si diletta dir mal di ciascuno e par
ch’ingrassi a mordere e proverbiar questi e quelli, che le sue
pappolate si facesse su le dita, de le quali come sapete ne è
pur troppo divizioso. Ma da pochi di in qua io son uscito di
questa mia mala credenza e porto ferma openione che egli ben
sovente dica il vero e che ogni giorno avvengano di belle cose,
de le quali si vorrebbe tener registro come fanno i mercadanti
de le lor scritture. Volendo adunque di ser Gandino ragionare
e cose dirvi, le quali s’io non avessi veduto, ed altri medesimamente che in questa bella compagnia sono, non so come indur
mi potesse a crederle giá mai; vi dico che a Bergamo e per il
contado sogliono per l’ordinario gli uomini esser molto trafficatori,
come sono i genovesi. E questo avviene perché la cittá
loro e quasi tutto il territorio è montuoso, aspro, orrido, sassoso
e per la piú parte ermo e sterile di modo che, se non fosse la
fertilitá del piano dei luoghi de la Lombardia vicini, non si troveria
vettovaglia in Bergamasca per tre mesi l’anno. Per questo
conviene che con industria e sottigliezza d’ingegno cerchino il
vivere e s’acquistino il modo di mantenersi e a’ casi loro proveggiano
con l’altrui soccorso. Indi si vede che degli otto i cinque
se ne vanno qua e lá per il mondo guadagnando con sudore e
fatica grandissima ciò che ponno e risparmiando piú che sia
possibile nel vestir e mangiare, quando mangiano a le spese
loro, ché se sono in casa d’altri divorano come bei lupi. E certo
io osarci santamente giurare che non sia nel mondo parte,
quantunque lontana e rimota, ove non ci sia alcuno bergamasco
che traffichi. Fanno poi volentieri del grossolano e quasi del buffone, ben che magramente, e per venire a l’intento loro sopportano mille ingiurie, e sono vie piú ghiotti del danaio che l’orso
del mele. Essi di rado si fanno cortegiani, non essendo molto
atti agli uffici de la corte, ché non piace loro servir con aspettazioni cortegiane e lunghe, attendendo di continovo a la certezza
del profitto particolare e poco de l’altrui curando; né credere