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76 parte prima

ferite, le quali il coraggioso prencipe si portava pur in pace. E se una notte, essendo a le mani con un bravo e gagliardo giovine, non gridava: — Io son Francesco di Gonzaga, — era senza dubio ammazzato. Onde ragionandosi un dí a Diporto di questi capricci che fuor di proposito vengano ai prencipi, e specialmente di quelli del detto signor marchese, a la presenza di madama Isabella da Este sua consorte, il signor Giovanni Gonzaga vostro zio, uomo tanto ragionevole quanto altro ch’io conosca, narrò a questo proposito una istoria, la quale io che l’ascoltai subito scrissi. E sovvenutomi che voi, quella notte che a Castel Gifredo tutta intiera stemmo a ragionar di versi e di cose de la lingua volgare, mi diceste che volevate che io vi donassi una de le mie novelle, questa vi dono e sotto il vostro nome voglio che sia veduta. Se ella poi non è con quel candore scritta che voi le vostre rime cantate, ricordatevi che a tutti non è concesso navigar a Corinto. Pigliate il mio buon animo e sodisfatevi di quello. State sano.

NOVELLA XXXIX

Filippo duca di Borgogna si mette fuor di proposito

a grandissimo periglio.

Volendovi, madama illustrissima, narrare uno azzardo che fece de la vita sua Filippo dei reali di Francia, duca di Borgogna, signor de la Fiandra, di Hainault, di Olanda e di molti altri paesi, a ciò che meglio si conosca la cagione che gli diede il motivo di cotal capriccio, egli mi convien fare come fa il gentilissimo musico Francesco da Milano, unico a’ nostri dí e divin sonator di liuto, il quale volendo sonar qualche bella canzone, prima che ce la faccia sentire suona due o tre, come essi le chiamano, «ricercate», a ciò che dapoi meglio l’uomo intenda e gusti l’armonia de la canzone che egli dietro a quelle armoniosamente suona. Io vi dico adunque che Carlo re di Francia, di questo nome quinto, diede a Filippo nomato «l’Ardito» suo fratello per la parte che a quelli che non sono primogeniti si dá, che i francesi chiamano in lingua loro «apennage», la duchea di