Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/314

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NOVELLA XXXVII sempre mai, veggendo il poco conto che de l'onor mio tenete, che quantunque a me possiate come a figliuola e serva vostra comandare, devevate perciò sapere e ridurvi a memoria che mai atto in me non vedeste né parola o motto udiste, che a dirmi cosa meno che onesta vi devesse far baldanzoso. Ma ditemi: non vedete voi che mi pregate e quasi essortando mi suadete a far cosa, la quale se io avessi pure un minimo pensiero d’es- sequire, da voi, se voi mi foste quell’onorato padre che esser devete, senza compassione alcuna esser svenata meritarci? Io, o padre, fin che era a Salberi conobbi che il re d'esser di me innamorato dimostrava, ed il medesimo in questa terra ho conosciuto, perciò che con vagheggiamenti tutto il giorno, con ambasciate e lettere più volte m’ha tentata, non mancando per via di larghissime promesse volermi corrompere. Ma il tutto niente gli ha giovato, perché io, sempre che meco ha parlato o scrittomi o mandatomi messi, ho detto essermi più cara la mia onestà che la vita. A voi non volli io dir cosa alcuna circa questo affare, e meno a mia madre e miei fratelli, per non darvi occasione d’incrudelir contra il nostro re, sapendo esser per simili accidenti succeduti di molti scandali e de le città e dei regni distrutti. Ma lodato Iddio, che non era bisogno che io dubitassi di porvi l’arme in mano, poi che a cosi disonesto ufficio vi veggio cotanto pronto e sollecito! Tacqui dunque per men male, ed anco mi ritenni di non manifestar cosa alcuna, sperando pure che, veduta il re la mia incorruttibil e ferma onestà, devesse da cosi mal incominciata impresa levarsi e lasciare che io col mio casto proponimento da mia pari me ne vivessi. Per questo se ai giorni passati m’avete rade volte uscir di casa veduta ed avete visto come vilmente vestita mi sono, ad altro fine non ho fatto questo se non per fuggir quanto m’era possibile d'incontrarmi nel re, e che veggendo poi quanto io abbiettamente vestiva, pensasse che i miei pensieri in altro erano che in cose d’amore. Or perché egli è ostinato ed io mai non sono per far volontariamente cosa che gli piaccia che disonesta sia, a ciò che sforzatamente — che Dio non lo permetta! — di me non faccia il suo volere, io seguirò il vostro conseglio e di dui