Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/333

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330 PARTE SECONDA voler adempia, una grazia vi faccia, io son presto a compiacervi e vi giuro per il battesmo che ho in capo e per quanto amore vi porto, che maggior fede darvi non posso, che tutto quello che mi ricercherete ch’io faccia, senza scusazione alcuna farò: con questo che non mi comandiate ch’io non v'ami né vi sia, come sono e perpetuamente sarò, leal e fedel servidore, ché cotesta cosa ancora che ve la promettessi e con mille e mille sagramenti affermassi, osservarvela non potrei già mai, perciò che se senza anima l’uomo può vivere, io potrei non amarvi, e prima ogni impossibil cosa sarebbe ch’io non v’amassi. Chiedete adunque animosamente ciò che vi piace, eh’ io ed il reame mio siamo in vostro potere. E se io già mai penserò non attenervi ciò che mi domandarete, essendo in poter mio o d’uomo che sia nel mio reame, io priego divotamente Iddio, che del prencipe di Galles Odoardo mio primogenito e degli altri miei figliuoli o di cosa ch’io mi desideri, contezza alcuna già mai non mi dia. — La bella Aelips alora ancor che fosse invitata a levar su, non volle, ma inginocchiata com'era, la mano del re onestamente presa, cosi gli disse: — Ed io, sire, basciandovi la reai mano, di questa grazia che mi fate senza fine vi ringrazio e vi resto ubligatissima. Onde confidandomi de la reai vostra parola come debbo, il dono che io quanto la mia vita bramo vi richiederò. — Il re, che in effetto era tócco del buon amore e che più amava Aelips che le pupille degli occhi propri, di nuovo strettissimamente le giurò che senza froda o inganno veruno realmente farebbe il tutto che ella domandasse. In questo ella cavò fuori il tagliente coltello che più di dui palmi aveva di ferro, e caldissime lagrime spargendo che le belle e rosate guancie le rigavano, pietosamente al re, che tutto era pieno di stupore e meraviglia, disse: — Sire, il dono ch'io vi chieggio e voi ubligato vi séte di farmi, è questo: che io con tutto il core vi prego ed affettuosamente supplico che il mio onore tor non mi vogliate, ma prima con la spada vostra vi piaccia tonni questa caduca vita e frale, a ciò che se fin al presente vivuta da pari mia senza biasimo sono, da pari mia anco onoratamente mora. Se questa grazia da voi impetro, che prima mi sveniate che levarmi