Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/370

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NOVKI.LA XI. 36/ credere che se pure effetto veruno d’amore era seguito tra Giulio e cinzia, che ella ne fosse cagione ed avessevi tirato Giulio per forza. E tuttavia con questo, troppo duro gli era a sofferire che da un si caro amico si trovasse di cotal guisa offeso. Sogliono ordinariamente tutte l’ingiurie a chi le riceve esser noiose e gravi a sopportare; nondimeno gran differenza mi pare che sia da la offesa che ti fa >' tuo nemico, a Par di quella che da l'amico si riceve. Pa l'inimico il suo ufficio quando il suo avversario offende; ma che colui che tu amico tuo credevi ti si volga incontra e sotto la fede de l’amicizia ti faccia nocumento, perciò che cotestui manca del debito, troppo altamente cotal impresa il suo velenoso dardo nel core imprime e si rende a sopportar difficile. Nondimeno la prudenza de l’uomo, se vuole, a tali accidenti sa provedere e fa che la ragione domina. Ora parendo troppo duro a Camillo che l’amico suo di questo modo concio l’avesse, poi che v’ebbe pensato e ripensato, essendo già alquanti anni che egli aveva la pratica di Cinzia, essendone ogni di con agre riprensioni da' suoi ripigliato ed il vescovo de la città, uomo di santa vita, avendolo più volte fatto pregare che ornai finisse simil pratica, che oltra la offesa di Dio gli era di danno e disonore, gli parve che questa occasione fosse convenevol mezzo a mettersi in libertà, e si deliberò piti tosto perder la conversazione di Cinzia che l’amicizia di Giulio. Onde a Cinzia scrisse una lettera di questo tenore; — «Cinzia, non pensare con la tua ingorda ed insaziabil libidine poter mai esser da tanto ch’io debbia abbandonar un gentiluomo, mio amico e più che fratello, tirato a forza da le tue false lusinghe e puttaneschi modi e da la sfrenata tua rabbia a giacersi teco. Io voglio ch’ei sia più mio che mai, e l’amerò e riverirò come strumento divino de la mia ricuperata libertà, conoscendo ora l’indegnità de la mia servitù. E qual io mi sia, non pensar più a’ casi miei né far più sopra di me per l’avenire alcun fondamento. Ora sei in tua libertà e puoi di notte e di di far venir a giacersi teco chiunque tu vuoi. Ed ancor ch’io potessi con giusta ragione grandemente dolermi e rammaricarmi di te, noi vo' fare. Bastimi che a te mi toglio ed eternamente ti lascio, con pensata deliberazione mossa da certi e convenevoli rispetti ». —