Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, III.djvu/402

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NOVELLA XL 399 voglia ch’io abbia di starmi in vita, ma per viver teco e vedermi, come sovra ogn’altro desiderio bramo, esser tua e che tu sia mio. Se anco ella non mi recherà profitto alcuno, almeno, averò questa contentezza morendo, che tu e questi nostri amici averete toccato con le mani che io non ho pretermesso veruna cosa a fare per esser tua, o viva o morta. E di più ti vo' io dire che se questo rimedio mi salva la vita e che tu già mai mi manchi de la promessa che ora fatta m'hai, che io a me stessa non mancherò ed animosamente seguirò la deliberazione de l’animo mio, perché la Dio mercé chi del veleno al presente m’ha servita, quando vorrò, altrettanto me ne darà. Quel medesimo animo poi e la volontà, che adesso spinta m’hanno ad avvelenarmi, sempre saranno pronti a far esso effetto che ora fatto hanno. Ecco adunque che l’acqua beverò. — E queste parole dette, si pose il bicchiero lietamente a la bocca e tutta l'acqua in un sorso mandò giù. Dopo questo, Camillo le disse molte buone parole, ripigliandola con bel modo de la commessa follia e confortandola per l’avvenire ad esser più saggia e non si porre più a simil rischi, ché se una volta il caso va bene, cento ne vanno di mal in peggio. E cosi buona pezza ragionò seco, facendole di molti vezzi ed amorevoli carezze. Ora o fosse la fantasia o il credere fermamente che ella aveva d'essersi avvelenata, o che avesse ne lo stomaco abbondanza di còlere e di flemma e d’altre superfluità che l’acqua con la polvere de l’alicorno commovesse, avendone bevuto un gran bicchiero, o che che ne fosse cagione, ella travagliò tutto ’1 giorno, non trovando mai riposo. Si lamentava di continovo di dolor di stomaco e di ventre e che sentiva che di molte e varie fumosità le ascendevano al capo che la stordivano. A la fine due e tre volte vomitando di molte materie flemmatice e colerice, ella mirabilmente si purgò lo stomaco. A ine chi domandasse onde questa evacuazione procedesse, crederei ben io che l’acqua, aitata forse da la vertù occulta del corno, in parte quelle materie commovesse, massimamente in uno stomaco debole come ella alora aveva; ma terrei per fermo che l’indubitata credenza che aveva d’aver inghiottito il veleno fosse la più potente cagione del tutto. Ed oggidì anco,