Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, IV.djvu/140

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IL BANDELLO

al magnifico

messer giovan battista oddo

da Matelica


Egli è pur passata un’etá che io di voi nuova alcuna non ho avuta giá mai, avendovi io nondimeno indrizzato di me nuova per due mie lettere. Ed invero io mi persuadeva voi esser andato ne la Marca; ma questi di ricercando io altro, intesi non so come che voi eravate pure in Mantova e che v’eravate in una vedova maritato, che v’aveva dato del ben di Dio. Piacquemi molto questa nuova e subito determinai rallegrarmene con voi; il che ora con questa mia faccio con tutto il core. Voi potrete mò a le muse ed a voi stesso vivere, se tuttavia i molti fastidi che alcuni dicono esser propri a la vita maritale, come il riso e il pianto sono proprietá degli uomini, vi lascieranno godere di quell’ozio che le muse vorrebbero. Sapete che, come dice uno dei nostri poeti, il coro dei poeti ama la solitaria vita e diportarsi per gli opachi e fronduti boschi, e volentieri fugge la pratica e commercio de le cittá. Giovami però credere che avendo voi sposata una vedova — che non può essere che non sia giá vicina a la etá matura, — l’averete trovata modesta e di maturi costumi e che non vorrá se non quello che vorrete voi. Cosi nostro signor Iddio degni concedervi e far di modo che il vostro letto genitale non abbia questione né liti giá mai. Almeno non sarete stato in pericolo d’incorrere ne la fiera disaventura ne la quale non è troppo incorse un giovine inglese. Ed a ciò che sappiate la mala sorte de lo sfortunato inglese, io ve la mando, al nome vostro intitolata, in una mia breve novella. Eravamo questi di molti in una compagnia e si ragionava