Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, IV.djvu/455

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452 PARTE TERZA — Non vi meravigliate di questo — disse il santo frate, — perciò che io sono stato spinto da quel gentiluomo vestito di pavonazzo che ogni di mi sta a sedere per ¡scontro quando io predico. — E dati alcuni altri contrasegni, fu da tutti conosciuto che egli era Tomasone Grasso. Onde uno di quelli: — Oimè — disse, — che è ciò che io sento? Costui, padre, che dite, è il maggior usuraio che in tutta Italia sia, e in questa città non si troverà chi presti ad usura se non egli. Ed io per me più volte, astretto da’ bisogni, ho preso con grandissimi interessi danari da lui. — Udendo fra Bernardino questa cosa, restò fuor di modo pieno di meraviglia; e volendo certificarsi, mandò per lui, il quale subito venne. Il santo frate entrò seco in ragionamento e venne a dirgli che egli era un grande usuraio e che, essendo cosi, molto si meravigliava che egli l’avesse stimolato con tanta instanzia a predicar contra l’usura. — Per questo — rispose alora Tomasone —venni io a pregarvi ed essortarvi che voi predicaste contra l’usura, perché vorrei esser solo a questo mestiero, per guadagnar più danari. E chi v’ha detto che altri non ci sia che io, che presti a usura, s’inganna, ed io Io so, ché da qualche giorno in qua non guadagno la metà di quello che io soleva guadagnare; il che mi fa conoscere che altri ci siano cosi savi come io, che anco essi attendono al danaro. E dicovi, padre mio, che chi non ha danari, e pur assai, è una bestia. Voi siete, perdonatemi, poco pratico de le cose del mondo, e il viver vostro è a un modo e il nostro a un altro. E la somma del tutto è questa: che conviene, a chi vuole esser riputato e fra gli altri onorato, aver danari. Sia pur l’uomo nasciuto nobilissimamente e de la casa dei Vesconti, che è la casa del nostro signor duca: se non averà danari, non sarà di lui tenuto conto alcuno. Io ho qualche pochi danari, che non pensaste ch’io fossi tutto oro, e se vado in castello per parlar al duca, subito son fatto entrare, se ben egli fosse in letto, perché quando ha avuto bisogno di ducento e trecento migliaia di ducati, io l’ho servito con quel profitto che tra lui e me s’è accordato. Non ci è anco gentiluomo o cittadino o mercanta o povero in questa città che non mi onori, perché io faccio