Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/111

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io8 PARTE QUARTA troppo lungi da la città, se ne stavano in uno castello detto Rebatto, dal quale chiamati sono « rebattini », e durano in buono numero sino al presente giorno. Hanno le chiese e li sacerdoti e officiano a la romana. Ne la detta terra di Rebatto non abita nessuno africano, ma solamente essi cristiani. Tutti li regi tu- netani hanno sempre avuto per costume, come anco avea Mu- leasse, tenere una gran squadra di questi rebattini a la guardia de le persone loro, commettendo più volentieri la salute del corpo loro a li cristiani che agli altri di quello paese. Per questo gli aveano assignato quello luoco con possessioni e grandi immunità. E perché fanno il mestieri de l’armi a cavallo, li chiamano « cavalieri rebattini ». Ma tornando a dire di Amida, restituì egli tutti gli stendardi lofrediani col corpo di esso Lofre- dio, senza capo, ché stato gli era dal busto reciso da li soldati africani. Diede poi per ostaggio uno suo picciolo figliuolo, che era di nove anni e Schite se appellava, con questa condizione: se cotali tregue, che temporarie parevano, non si commutavano in pace, che il figliuolo incolume al padre suo fosse restituito. Questo nome «Schite» in lingua punica vuole dire «fortunato». Fece medesimamente Amida condurre a la Goletta tutta l’arte- gliaria che li lofrediani perduta aveano, la quale ancora che To- varre poco ¡stimasse, nondimeno non volle che agli africani potesse recare giovamento a nessuno tempo già mai. Questa tregua, ben che non iniqua e per molte cagioni necessaria ¡stimare se potesse, tuttavia Tovarre giudicava quella non convenire a la dignità cesarea, parendo cosa fora di ragione e indegna che Amida godesse il regno, che con immanissima perfidia e nefandissima sceleratezza contra il decreto imperiale avea rubato, e commessa contra il proprio padre si enorme crudeltà. Per questo Tovarre cominciò tenere nuove pratiche per tentare se poteva introdurre alcuno del sangue reale in Tunesi, che con volontà e autorità di Cesare regnasse, sapendo l'imperadore meritamente essere con grandissima còlerà adirato. Era appo li numidi Abdemalec fratello di Muleasse, che appresso Ahemisco, regulo, in Numidia sempre dimorato si era e da lui benignamente ricevuto, dapoi che da Biscari, mediterranea città, quando i turchi la occuparono,