Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/125

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122 PARTE QUARTA se tu degnassi esserle amante e, come si usa, farle la corte. — Mentre che la duchessa parlava, che era faconda parlatrice, Carlo teneva gli occhi chinati a terra, non osando mirarla in viso; e preso da quella congedo, se .ne andò altrove. Il che forte dispiacque a la duchessa, che desiderava con lui tener più lungo proposito. E ben che diverse fantasie passassero per mente a Carlo, nondimeno egli non mostrò già mai sembiante alcuno, né in gesti né in parole, che paresse che avesse penetrato la intenzione e volere de la duchessa, governandosi né più né meno come da prima era solito; cosa che in vero a quella, che altro voleva che parole, infinitamente era molestissima e cagione di amarissima vita. E ancor che ella, per essere forte bella e per lo grado che teneva, desiderasse essere pregata e ripregata; tuttavia, veggendo uno tale contegno quale Carlo teneva, facendo vista di non accorgersi in modo veruno de le fiamme di lei che miseramente la distruggevano, non possendo più sofferire tanta pena, deposto ogni timore e vergogna, tra sé conchiuse essere quella che il suo amore a Carlo discoprisse e umilmente lo supplicasse che volesse avere di lei compassione. Onde, trovatolo un di tutto solo, con bassa voce li disse: — Carlo, io ho da conferir teco di affari di grandissima importanza. — Egli con debita riverenza le rispose: — Madama, eccomi presto a ubedirvi in tutto quello che per me fare si può. — Se ne andò la duchessa allora a una finestra, assai lunge da tutti coloro, uomini e donne, che colà entro erano, e volle che egli appo lei a quella si appoggiasse, e intrò a parlarli del primo proposito, riprendendolo che ancora non si avesse eletta alcuna dama per sua suprema donna, offerendosegli in ogni evento di essergli aiutrice e favorevole. A questo rispose Carlo: — Già, madama, vi ho detto, e ora anco vi dico che la grandissima paura che io ho di essere sprezzato non mi lascia intrare in questo periglioso labirinto di amore, perché io conosco il temperamento del mio core, che se una volta io mi vedessi del presentare il mio servigio essere recusato e non esaudito, io mai più in questo mondo non viverei gioioso e il viver mio saria peggio che morte. — La duchessa allora, venendo nel viso colorita come