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NOVELLA XXVII (i)
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fuoco non divenisse troppo veemente, ma tale che a poco a
poco, per maggior sua pena, il misero Turchi si arrostisse. Gli
stava messer lo frate tanto vicino quanto da l’ardore del fuoco
gli era concesso, e assai sovente dicea: — Simone, ecco il tempo
fruttuoso de la penitenzia. — 11 povero uomo, fin che ebbe lena
di parlare, sempre rispose: — Si, padre. — E per quanto egli si
può per gli atti esteriori giudicare e comprendere, dimostrò il
povero Turchi una grandissima contrizione e pazienza, e prese in
grado si acerba e vituperosa morte, come era quella che lo sfor¬
tunato sofferiva. Come poi lo conobbero morto, prima che si
finisse di essere dal fuoco in tutto disfatto, presero il mezzo arso
corpo e lo portarono fora de la terra e il misero sovra una alta
trave incatenato con catene di ferro, e li cinsero a lato il pugnale
pistoiese col quale il Deodati era stato morto. Piantarono poi
la trave in terra ben fondata su una corrente e maestra strada,
acciò fosse da tutti veduto di che vituperosa morte fosse stato
punito colui che il tale omicidio avea crudelemente commesso.
Ora a me giova di credere che, trovandosi il misero Simone
pentito de li peccati suoi e, come si dimostrò, ben disposto a
morire, poi che necessario gli era essere morto, che poco si
curasse di qualunque morte finisse la vita, pur che senza ver¬
gogna e vituperio fosse stato morto; con ciò sia cosa che non
la qualità del supplicio, ma la cagione è quella che rende la
morte abominevole e ignominiosa. Può bene la vertù onorare
qualunque sorte di morire; ma la morte, in quale modo si sia,
non può ne la vertù porre macchia alcuna già mai. Quando
il contadino, che Giulio mandò con la lettera, fu dal giudice
sostenuto, mandarono li magistrati d’Anversa uno ambasciatore
in Acquisgrani al magistrato de la giustizia per avere il perfido
romagnuolo e acerbamente punirlo. Ma quelli signori noi vol¬
sero dare; e acciò che non restasse la sua sceleraggine impu¬
nita, fecero prendere esso Giulio, il quale confessò l’omicidio
come era seguito. Onde, avendoli fatto scavezzare le braccia, le
coscie, le gambe e rotto il petto, lo tesserono in una ruota,
ove fra dui di meritamente se ne mori. Ma per ultimare, si
può dire che chi ben pensa la fine de le azioni sue, di rado
M. Bandello, Novelle.
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