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Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/50

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IL BANDELLO

al gentilissimo

messer galeazzo valle

vicentino


La novella che questi di fu narrata ne l’amenissimo giardino dei nostri signori Attellani dal piacevolissimo soldato Uomobuono, che da tutti è chiamato Cristo da Cremona, ci fece assai ridere, si perché ella ha in sé non poco di risibile ed altresi perché il modo e i gesti che Uomobuono faceva, e il suo puro e nativo parlar cremonese ci incitavano forte al riso. E voi, tra gli altri che quivi si trovarono ad udirla, rideste la parte vostra assai saporitamente. Io, partito che fui dal giardino, subito la scrissi, e pensando a cui donar la devessi, voi subitamente mi occorreste, parendomi che udendola narrare se tanto e si di core rideste, che descritta e al nome vostro intitolata non vi debbia dispiacere. Ché veramente cotesti animali sono di natura loro molto ridicoli e fanno mille atti piacevoli; ma talora sono malvagi e fastidiosi, come avvenne questi anni passati qui in Milano ad un povero contadino, che forse in vita sua non deveva aver veduto simie giá mai. Aveva il signor Antonio Landriano, che fu tesoriero de lo sfortunato duca Lodovico Sforza, un simione grossissimo, di volto piú degli altri simile a l’uomo, e lo teneva per l’ordinario vestito con un saione indosso, fatto di panni di diversi colori, e legato nel cortile del palazzo suo. Avvenne che un contadino, venuto da le possessioni del signor tesoriero, non ci veggendo persona se non il simione, pensò che egli fosse alcuno dei servidori de la casa. Era il contadino uomo grossolano e goffo, con un viso il piú