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PARTE QUARTA
e messer Alberto Cavriana andassemo al palazzo di San Ba¬
stiano a parlarli. Devete anco ricordarvi tutto quello che io
nel detto luogo del giardino ne discorsi a madama, e del ga-
stigo che meritava quello buffatone. Ora, poi che io mi tacqui, il
nostro gentilissimo messer Benedetto Capi di Lupo e di essa ma¬
dama segretario, a proposito di quanto si diceva, narrò una
piacevole novella, che a tutti sommamente piacque e alquanto
ridere ci fece. Onde madama, a me rivolta, mi disse: — Ban-
dello, questa istoria è una di quelle che non ¡starà male tra
cotante che tu a la giornata scrivi. — II perché io le promisi
di scriverla. Ora, mettendo insieme esse mie novelle e venutami
questa a le mani, ho voluto che sotto il vostro nome ella esca
fore e resti testimonio appo tutti de l’amore che mi portate e
de l'osservanza mia verso voi, che per tante vostre doti vi amo
e onoro. Vi prego poi che essa novella facciate vedere a li ma¬
gnifici vostri fratelli, che io come miei signori riverisco, il si¬
gnor Francesco e signor Augustino. Che nostro signore Dio
tutti lungamente vi conservi e vi doni quanto desiderate. State
sano.
NOVELLA II (III)
Uno cortegiano va a confessarsi e dice che ha avuto volontà di ancidere uno uomo,
ben che effetto nessuno non sia seguito. Il buono frate, che era ignorante, noi vuole
assolvere, dicendo che « voluntas prò facto reputatur » e che bisogna avere l’au¬
torità del vescovo di Ferrara. Su questo una beffa che al frate è fatta.
Si come detto si è, degni di acerbissima punizione sono co¬
loro li quali odeno le confessioni di questi e quelli e non sono
atti a saper giudicare la gravezza e la differenza de li peccati,
e non hanno cognizione de le scommuniche cosi episcopali come
del sommo pontefice, e de la ragione canonica e de li casi
che molto spesso accadeno. Però se talora vien loro alcuna
beffa fatta, pare che ciascuno se ne allegri. Onde a proposito
di questo mi piace narrarvi una alta beffa fatta da uno galante
uomo a uno de questi ignoranti frati. Udite come avenne il
caso. Suole essere communemente consuetudine che dopo la
pasqua de la resurrezione li compagni dimandano l’uno a l’altro