Pagina:Bandello - Novelle, ed. riveduta, vol 1, 1928 - BEIC 1971550.djvu/259

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IL BANDELLO al magnifico e vertuoso messere ANTONIO DI PIRRO salute 1 Se mille e mill’anni si ragionasse degli errori che la gelosia appiccata a uomo o a donna produce e di quanti mali ella sia cagione, io credo che mai a capo non se ne verrebbe, reg- gendosi tutto il di la varietá di nuovi falli che quella genera. Essendo poi stato da molti questo biasimevol vizio tassato, io per ora piú di quello che è non intendo di vituperarlo, cono- scendo che si perderebbe l’opera. Ben voglio scrivere un caso, che non è molto in una cittá di Lombardia occorse, dal quale, quando altro mai detto non fosse, di leggero l’enormitá de la dannosa gelosia si comprende. E perciò che avvenne in per- sona che, se nominata fosse, potrebbe di qualche scandalo esser cagione, io mi asterrò di porre i nomi propri, ancor che il nostro gentilissimo messer Benedetto da Corte, quando in casa de la signora Lionora, sua sorella e moglie del signor Scaramuzza Vesconte, in Pavia narrò questo accidente, dicesse i propri nomi. Avendolo dunque scritto, con lo scudo del vostro dotto nome il mando fuori, sapendo che a questa mia novelletta egli sará tale quale fu a Perseo contra Medusa lo scudo di Pallade. E chi dubiterá che voi per me non pigliate la protezione, se in Pavia sempre séte quello che degli stranieri pigliate la diffen- sione? So che io appo voi non sono straniero, conoscendo quanto mi amate. State sano.