Pagina:Bandello - Novelle. 1, 1853.djvu/163

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scioccamente confessato? E quando essi a metter le mani nel sangue di chi si sia fossero trascorsi, toccarebbe a noi ragionevolmente a dolerci di loro e lamentarcene pur assai, che essendo di nobilissimo sangue nati e gentiluomini di questa nobilissima città, che vergine e pura sempre la sua libertà ha conservata, fossero diventati sgherri, micidiali ed uomini di tristissima sorte, mettendo così vituperosa macchia nel lor chiarissimo sangue, e lasciando noi giovanette vedove. Resta mo’ che essi si dogliano di noi, che l’uno in camera de l’altro sia stato visto da mezza notte e preso. E questo credo io che sia il nodo, la cagione e l’origine di tutto lo sdegno e passion loro. Cotesto, vi dico, so io bene che è il chiodo che il cor loro trafigge, e che d’altro non si rammaricano. Onde, come uomini che il tutto non hanno drittamente essaminato e che a poche cose hanno messo mente, sono caduti in disperazione, e come disperati ciò che mai non fecero nè forse di voler far pensarono, d’aver fatto si sono accusati. Ma per non buttar al vento le parole e quel cotanto ch’io intendo di dire si dica una volta sola, a ciò, signori miei, in lunghe disputazioni non restiate occupati, avendo faccende di cose di stato a trattare, mi fia sommamente caro e vi supplico che voi, prencipe eccellentissimo, li facciate dire di che cosa di noi sì accerbamente si lamentano. – Domandati per commessione del duce da uno di quei signori assistenti, tutti dui risposero che l’aver conosciute le donne loro meretrici, le quali onestissime credevano ed esser tali devevano, era tutto lo sdegno e cordoglio che il cor loro rodeva, e che non potendo tanta infamia sofferire nè sopportar di viver ne la luce degli uomini, gli aveva indutti a confessar per desiderio de la morte ciò che fatto non avevano già mai. Questo udendo madonna Isotta ripigliò il parlare e sì disse al marito ed al Bembo rivoltata: – Adunque di cosa vi dolete voi che non sta bene? A noi appartiene di ciò a lamentarci di voi. E che andavate voi, marito mio, ne la camera de la mia cara compagna a cotal ora ricercando? Che cosa quivi era di più che ne la vostra? E voi, messer Girolamo, chi vi sforzava, abbandonato il letto de la vostra consorte, quello di mio marito di notte ricercare? Non erano egli sì bianche, sì sottili, sì nette e sì bene profumate le lenzuola de l’uno come quelle de l’altro? Io per me infinitamente, serenissimo prence, di mio marito mi doglio, e dorrommene eternamente, che per goder altra che me si sia da me partito ed andato altrove, non essendo io già storpiata e potendo tra le belle donne di questa nostra città comparire. Ed il medesimo