Pagina:Bandello - Novelle. 1, 1853.djvu/68

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reputava esser il più felice amante che fosse al mondo, e in altro non pensando che in costei, così se le rendeva soggetto, che ella non dopo molto entrata in certi ragionamenti, domandò di singular grazia al giovine che volesse ammazzar il conte di Gaiazzo e il signor Ardizzino. Don Pietro, che per altri occhi non vedeva che per quei de la donna, promise largamente di farlo, e a la cosa non diede indugio. Onde, essendo in Milano il signor Ardizzino, deliberò cominciar da lui, perchè il conte di Gaiazzo non v’era, e, tenutogli le spie dietro, seppe che una sera cenava fuor di casa, Il perchè essendo di verno che si cena tardi, presi venticinque dei suoi uomini d’arme, che tutti erano armati da capo a piedi, attese il ritorno di esso signor Ardizzino. Sapete esser una vòlta sopra una viottola che dà adito da mano sinistra da la contrada de’ Meravegli al corso di San Giacomo. E sapendo che il signor Ardizzino passarebbe quindi, s’imboscò con le sue genti in una casetta vicina, ed avuto da la spia che il signor Ardizzino veniva col signor Carlo suo fratello, dispose gli uomini suoi di modo che gli chiusero sotto la vòlta, e gli misero in mezzo. Quivi si cominciò a menar le mani. Ma che potevano dui giovini con otto o nove servidori non avendo altro che le spade, contra tanti uomini, tutti armati e con arme d’asta in mano? La mischia fu breve, perchè i dui sfortunati fratelli furono morti, e quasi tutti i servidori. Il duca di Borbone, che alora fuggito di Francia era in Milano a nome de l’imperadore, fece dar de le mani a dosso quella istessa notte a don Pietro e metterlo in prigione; il quale confessò aver fatto questo per comandamento de la sua signora Bianca Maria. Ella sapendo don Pietro esser preso, avendo spazio di poter fuggire, non so perchè se ne restò. Il duca di Borbone, intesa la confessione di don Pietro, mandò a pigliar la donna, la quale come sciocca fece portar seco un forsiero ove erano quindeci migliaia di scudi d’oro, sperando con sue arti d’uscir di prigione. Fu tenuto mano a don Pietro e fatto fuggir di carcere. Ma la disgraziata giovane, avendo di bocca sua confermata la confessione de l’amante, fu condannata che le fosse mózzo il capo. Ella, udita questa sentenza, e non sapendo che don Pietro era scappato per la più corta, non si poteva disporre a morire. A la fine essendo condutta nel rivellino del castello verso la piazza, e veduto il ceppo, si cominciò piangendo a disperare e a domandar di grazia che, se volevano che morisse contenta, le lasciassero veder il suo don Pietro; ma ella cantava a’ sordi. Così la misera fu decapitata. E questo fin ebbe