Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/110

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sommamente al re e fu la ventura di Stefano, perciò che il re lo fece suo varletto di camera e gli fece del bene assai; e crebbe in tanta grazia del re che se talvolta il re che era colerico e subito, gli dava qualche schiaffo e che egli si fosse messo a piangere, il re che non poteva sofferire di vederlo lagrimare, a ciò che s’acquetasse li faceva dare ora mille ed ora duo milia scudi, e sempre l’ebbe caro.


Il Bandello a lo splendidissimo signor Agostino Ghisi


Nel suo ritorno che ha fatto il signor Lucio Scipione Attellano da Bari, Napoli e da Roma m’ha puntalmente narrato le grate ed amorevoli accoglienze che, prima quando passò e poi che a Roma ritornò, fatte gli avete con quelle vostre cortesissime offerte sempre affettuose e piene di liberalità. M’ha anco in nome vostro salutato e fattomi certa fede de la memoria che di me tenete. Io che vi conosco e che in Roma domesticamente, la vostra mercè, v’ho praticato, nè de l’uno nè de l’altro, punto mi meraviglio, perchè so quanto umanamente qualunque persona che venga per visitarvi sogliate ricevere ed accarezzare, e quanto in tener conto e ricordanza degli amici sète diligente ed ufficioso. Vi ringrazio bene e vi resto con obligo immortale, – se agli oblighi miei che v’ho, più si può accrescere, – de le cortesissime dimostrazioni da voi a l’Attellano mio e vostro anzi pur nostro fatte, impegnandovi la fede mia per quanto amor vi porto, – chè maggior pegno dar non vi saperei, – che v’avete acquistato una persona tanto qualificata vertuosa e tanto osservatrice de l’amicizia da lui cominciata, quanto altro nome che conosciate. Perciò prevaletevi di lui secondo l’occorrenze, perchè maggior piacere non potete fargli, e troverete gli effetti a le mie parole conformi. Di me taccio, conoscendomi voi prima che ora e sapendo di certo quanto son vostro. Esso Attellano m’ha anco detto che parlandovi de le mie novelle, diceste che volentieri alcuna ne vedereste. Onde dicendosi in un’onorata compagnia de le molte vostre cortesissime liberalità che così sovente usate, avendo l’Attellano dettone cose assai, madama Antonia Bauzia marchesa di Gonzaga, nel cui cospetto a Sabioneda eravamo, interrompendo con gravità il ragionar che si faceva, impose al