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le cose mondane sono instabili, ella diventasse bersaglio di contraria fortuna e fosse ogni giorno saettata, conquassata, ferita e straziata da casi fortunevoli, ella nondimeno sta tuttavia salda e punto non si piega, anzi come immobilissimo scoglio contra le minacciose onde marine saldissima se ne dimora. Onde non ponno nè gli stati nè le ricchezze dimostrare che chi gli possiede, se è d’animo basso e vile, sia nobile e gentile; sì come per il contrario la povertà non può rintuzzar un animo generoso e magnanimo. Questo dico io considerando tra me la grandezza e generosità e la prestantissima natura di Carlo Montanino e di Angelica sua sorella, giovanetta per mio giudicio, quale egli si sia, senza parangone, nei petti dei quali la rovina de la famiglia loro non ha mai potuto ammorzar l’innata cortesia che sempre v’alberga. Onde non posso se non riprender gli avi miei che per una mischia a caso occorsa abbiano con ogni loro sforzo dato opera d’estinguere così nobil famiglia come è la Montanina, ne la quale se altri mai nati non fossero che Carlo ed Angelica sua sorella, dotati di sì peregrino, cortese e nobil animo, merita senza dubio esser tra l’eccellenti schiatte de la nostra città collocata. E pure ho inteso io esservi stati molti e molti splendidi ed onorati cavalieri, i quali sempre a beneficio, utile ed onore de la patria si sono affaticati quando è occorso il bisogno. Ora quale e quanta sia stata la cortesia di Carlo e d’Angelica, non vi rincresca d’ascoltare. Egli è il vero che a me sommamente, sono molti dì, piacquero la bellezza e gli onesti modi che io vedeva in Angelica; dilettandomi di vagheggiarla quando agio ne aveva, fieramente di lei mi innamorai. Ma per la nemicizia che era tra noi non sono stato oso questo mio amore a persona palesare. Avvenne in questo che essendo, come tutti sapete, accusato Carlo d’aver fatto contra lo stato, e non si potendo egli giustificare, che la Signoria lo condannò a pagar mille fiorini, e non gli pagando in spazio di quindici dì, a perderne il capo. Veggendo io che i parenti suoi non facevano motto alcuno di pagar per lui, non avendo egli il modo, io, senza che nessuno mi richiedesse, pagai mille ducati e lo trassi di prigione. Ond’egli inteso dal camerlingo il fatto e non potendo sofferire di restar nè a me nè ad altri in obligo di così poco debito, ha usato la maggior cortesia che mai da persona fosse fatta. Chè sapendo, non so come, che per amor d’Angelica io aveva la condannagion pagata, questa sera egli e la sorella sono venuti a casa mia, ove Carlo per schiavo mi s’è dato, donandomi la sorella e lasciandola in mio potere liberalissimamente. E perchè l’uno e l’altro dono m’è