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Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/14

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al valoroso signor Luigi Gonzaga detto Rodomonte marchese


Si fanno molte fiate de le cose le quali, innanzi che la fine loro si sappia, molto mal agevolmente si può giudicare se sono di buona sorte o cattiva, seguendo quella regola generale che ogni cosa sortisce la denominazione sua dal suo fine, e quella il cui fine è buono si dice buona, ove per il contrario quella il cui fine è tristo sarà anco ella chiamata trista. Sono anco molte operazioni umane de le quali senza che la fine loro si veggia, se tu dirai a uomo di giudicio: – Io vorrei far così per tale e tal rispetto, – egli ti saperà molto ben dire se son cattive o no, ben che talora paia che il fine sia riuscito buono. E di questa sorte si veggiono esser infinite azioni ed opere dei prencipi e grandi uomini, i quali il più delle volte, massimamente essendo giovini e nodriti licenziosamente, metteno fuor di proposito la vita loro a pericolo di morte e di perder in un tratto lo stato e la vita ed insiememente l’onore. Ed ancora che talora si consegua il desiato fine, nondimeno si vede la cosa esser fatta sì fuor di ragione che non può colui che la fa, schifare che maestro Pasquino non canti e dica che molto bene gli sarebbe avvenuto che andando cercando il male, come fanno i medici, se il malanno gli fosse dato; come ben sovente ho sentito dire del signor Gianfrancesco marchese di Mantova vostro zio, il quale ne la sua gioventù andava per Mantova la notte tutto solo con la spada e la rotella, e con quanti s’abbatteva voleva a mal grado loro venir a la mischia e con l’armi far questione, e la faceva il più de le volte; e non essendo conosciuto ritrovava talora chi lo pettinava senza pettine e gli dava de le ferite, le quali il coraggioso prencipe si portava pur in pace. E se una notte, essendo a le mani con un bravo e gagliardo giovine, non gridava: – Io son Francesco di Gonzaga, – era senza dubio ammazzato. Onde ragionandosi un dì a Diporto di questi capricci che fuor di proposito vengano ai prencipi, e specialmente di quelli del detto signor marchese, a la presenza di madama Isabella da Este sua consorte, il signor Giovanni Gonzaga vostro zio, uomo tanto ragionevole quanto altro ch’io conosca, narrò a questo proposito una istoria, la quale io che l’ascoltai subito scrissi. E sovvenutomi che voi,