Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/170

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ho discorse, mi s’è rappresentata l’instabil e volubil fortuna, la cui raggirata ruota si va di continovo rivolgendo, nè mai ferma un tenore dura. Si vede tutto il dì che ella essalta e leva uno dal profondo de l’abbisso a l’altezza del cielo, donandogli quante ricchezze egli sappia desiderare. Un altro poi che era felicissimo ed a par degli dèi al mondo onorato, e a cui nulla di bene mancava a potersi chiamar in questa vita beato, in un subito e di roba e d’onore privando, fa diventar povero e mendìco. Colui si truova ricco e sano, con bella moglie e bei figliuoli a lato, e vive in festa e in gioia; ma questa fortuna devoratrice de le nostre contentezze priva colui de l’inestimabil tesoro de la sanità, fa che la bella moglie altrui più stima che il marito e diventa adultera, e col suo velenoso dente di maniera morde i figliuoli, che in breve tempo tutti miseramente se ne muoiono, di modo che il misero uomo si truova privo di quei figliuoli che disposto aveva dopo morte lasciar dei suoi beni eredi. Ma che vado io perdendo le parole in voler far chiara la volubilità de la fortuna, che è più chiara assai che il sole e de la quale tutto il dì mille e mille essempi manifestamente si vedeno? Piene se ne veggiono tutte l’istorie de le genti, e il paese de la Grecia ne può far ampissimo testimonio, ove tanti eccellenti uomini che col dito toccavano il cielo si sono veduti in un momento tornar al basso, e tante gloriose città che tanti popoli reggevano ora a la tua città romana servire. Ti può, magno Pompeio, di queste dannose mutazioni la tua Roma esser lucidissimo specchio, e tanti tuoi cittadini per il passato ed al presente abondevolmente fartene fede. Ma tornando a casa, ti dico che trovandomi io esser vivuta molti anni, nè so per qual sorte, in grandissima prosperità e mai non aver sofferto avverso caso fortunevole nessuno, ma che sempre di bene in meglio sono andata fin a questo dì, ho gran paura che questa fortuna, pentita di essermi stata così lungamente favorevole, non cangi stile e cominci oggimai nel mio dolce vivere a sparger le sue velenose amarezze e farmi bersaglio dei suoi pungenti e nocivi strali. Per questo ho maturamente deliberato levarmi fuor de la giurisdizione de le sue forze e degli infortunii suoi ed infermità noiose e gravi che a noi mortali miseramente soprastanno. E credilo a me, magno Pompeio, che molti in vecchiezza con poco onore hanno lasciata la vita, che se ne la giovinezza fossero morti morivano senza fine gloriosi, e sarebbe la fama loro eternamente appo i venturi secoli chiarissima durata. Pertanto, signor mio, per non fastidirti più con mie lunghe parole, lasciami seguir la mia deliberata