Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/287

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io meriti d’esser biasimato. Biasimar si deveno e mostrar col dito infame coloro che fanno questi errori, non chi gli scrive. Le novelle che da me scritte sono e che si scriveranno, sono e saranno scritte de la maniera che i narratori l’hanno raccontate. Affermo bene averle scritte e volerne de l’altre scrivere più modestamente che sia possibile, con parole oneste e non sporche nè da far arrossire chi le sente o legge. Affermo anco che non si troverà che ’l vizio si lodi nè che i buoni costumi e la vertù si condannino, anzi tutte le cose mal fatte sono biasimate e l’opere vertuose si commendano e si lodano. E perchè avendone alcuna volta parlato insieme, ho trovato che voi sète de la mia openione, io lascerò dire ciò che si vorranno questi così scropolosi che forse altra intenzione hanno di quella che ne le parole mostrano, sovenendomi di quello che una volta disse il piacevole e faceto Proto da Lucca al signor Prospero Colonna. Egli diceva che lo scriver le cose mal fatte non è male mentre non si lodino, e che ne la Sacra Scrittura sono adulterii descritti, incesti ed omicidii, come chiaramente si sa. Ora avendone nuovamente scritta una che narrò a una bella compagnia il nostro Pandino da Pandino, che è di quelle che muoveno lo stomaco a questi critici, ve la mando e sotto il nome vostro voglio che sia letta, perchè essendo voi, come sète, uomo di giudizio, non de lo scrittore vi scandalezzarete ma di chi averà le sconcie e disoneste cose operato, come il dever ricerca. State sano.

Una donna si trova in un tempo aver tre innamorati in casa e venendo il marito quello mirabilmente beffa.


Francesco Sforza, secondo di questo nome duca di Milano, dopo la pace e convenzione fatta a Bologna con Carlo quinto imperadore, essendo ritornato pacifico possessore di quel ducato, la maggior parte dei gentiluomini di Milano e del paese quivi intorno, perchè le passate guerre avevano lor disfatto le possessioni, ne le quali era di lavoratori, massari, buoi ed altri animali per la cultura de le terre carestia estrema, cercava gente che volesse pigliar le possessioni loro ad affitto, e con picciolo pagamento le affittavano; onde molti ne prendevano e massimamente dei forestieri, con ciò sia cosa che ne traevano grosso profitto. Tra diverse nazioni che vennero a Milano per prender degli affitti, molti bresciani, affittate le case loro e le possessioni