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a legger nei Trionfi la bella istoria di Masinissa e Sofonisba, la quale tutta piena di compassione quasi ci tirò le lagrime sugli occhi. Alora fu da voi pregato il signor Giorgio Santa Croce che volesse la detta istoria, per contentezza del signor ambasciatore e mia, narrare in quel modo che un’altra volta dicevate che narrata vi aveva, essendo tutti dui con molti signori e gentiluomini a diportarvi sovra il lago di Bolsena. Il che egli disse di fare. E così a la presenza vostra e di molti gentiluomini che quivi avevano desinato egli ci narrò la pietosa istoria. Onde avendomi voi imposto che volessi scriverla, vi promisi di farlo. Per questo, essendo a Cortona alcuni giorni dimorato, l’ho scritta come meglio ho saputo e sotto il vostro nome collocata come sotto un forte scudo, a ciò che se alcuno mi mordesse che avendola io sentita recitare ad un eloquentissimo romano l’abbia con parole non romane scritta, possiate scusarmi che ho fatto quanto ho potuto. State sano.


NOVELLA XLI
Infelice esito de l’amore del re Masinissa e de la reina Sofonisba sua moglie.


Dapoi che il caldo del mezzogiorno comincia a pigliar crescimento pur assai, ed ora non ci accade faccenda che importi, e voi, signor mio, volete che in questo freschissimo luogo io narri l’infelicissimo esito degli amori del re Masinissa e de la sua reina Sofonisba, io vi dico che egli fu figliuolo di Gala re dei massezuli, i quali son popoli numidici; e militando con i cartaginesi ne la Spagna contra i romani, avendo prima combattuto onoratamente contra il re Siface ne la Numidia, avvenne che Gala suo padre morì, onde il regno fu da altri occupato. Il perchè sofferendo con animoso core l’avversa fortuna e variamente con i nemici suoi combattendo, ed ora parte del regno acquistando ora perdendo e talvolta Siface e i cartaginesi molestando, fu spesso vicino ad esser morto o preso. Con questi suoi travagli, non cedendo mai a fatica, riuscì molto famoso, di modo che appo quei popoli affricani s’acquistò chiaro nome di valente e prode soldato e d’avveduto e provido capitano. Era poi generalmente da’ soldati molto amato, perciò che con loro non da figliuolo di re o come prencipe viveva, ma da guerriero privato e compagno con loro conversava, nomando ciascuno per proprio nome ed accarezzando e onorando ciascuno secondo