Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/114

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tutto a pigliar con quella affezione che io ho parlato. Così con vostro congedo me ne vado a casa a mia figliuola, e farò puntalmente quanto ricercato m’avete. – E non aspettando dal re altra risposta, del camerino uscito, si partì, assai e varie cose sovra i ragionamenti fatti pensando. Punsero sì amaramente le ragioni del conte l’appassionato ed infermo animo del re, che quasi fuor di se stesso non sapeva che dirsi; e tanto più il punsero e trafissero quanto che tanto ceco non era, che egli non vedesse che diceva la verità e che da affezionato, vero e fedelissimo servidore parlato gli aveva. Onde tra sè cominciò molto minutamente a considerar tutto il ragionamento fatto, e di modo cose assai dette lo premevano, che si trovò troppo mal contento che in simigliante caso fosse stato oso di ricercar per mezzo a conseguir il suo desiderio il padre de la sua innamorata, parendogli tuttavia che la sua richiesta fosse vituperosa e disonesta. Per questo quasi che si deliberò troncar questa pratica amorosa e in tutto da quella sciogliersi. Ma come pensava a la vaga bellezza e a quei bei modi e maniere d’Aelips, in un tratto si cangiava d’openione e tra sè diceva: – Ahi, lasso me! io mi conosco bene esser sciocco e mal avventuroso, se penso poter vivere e non amar costei. Io con tutte le forze mie e quelle del mio regno appresso, sarò bastante a lasciarla e levarmela del core? io presumo così di leggero da questo indissolubil nodo disciogliermi e da sì tenace e fervente amore districarmi? cotesto come sarà egli possibile già mai? – chi sarà che faccia ch’io non tenga eternamente Aelips per mia signora e mia soprana donna? Certo, che io mi creda, nessuno. Ella nacque per esser colei a cui devessi sempre star soggetto e lei sola e non altra amare. E se io conosco che altro far non potrei ancor ch’io volessi, e che quando io potessi non vorrei, a che più lambiccarmi il cervello? Io amo Aelips ed amerò sempre, avvengane mò ciò che si voglia. Il conte è suo padre ed ha parlato da padre, ed io non deveva seco scoprirmi. E che poi sarà? Io sono il re, nè gran cosa mi pare ch’io ami la figliuola d’un mio vassallo, nè sono il primo che questo abbia fatto, nè anco sarò l’ultimo. – Da l’altra parte con l’intepidirsi alquanto così fervente pensiero, entrava avanti alcun raggio di ragione che gli faceva veder il male e scandalo che di questo amore riuscir poteva, ed in parte rintuzzava l’animo sì acuto e disposto d’amare, di modo che variamente tra se stesso combattendo, ed ora pieno di speranza trovandosi e poi talora in tutto di speme privo, e d’uno in altro pensiero travarcando, e non parendogli possibile l’amor de la donna che sì