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un poco di digressione e dir due parole che ora mi sovvengono. Se quei cortegiani che col re parlavano fossero stati veri uomini di corte, sarebbonsi sforzati di consegliar il lor re che da sì folle e vano amore si fosse ritirato, e con sì utile conseglio insiememente l’averebbero aitato. Furono già i cortegiani leali e costumati uomini e pieni di cortesia e d’ogni vertù dotati. Ma quelli che cortegiani oggidì si chiamano, – io parlo dei tristi e non dei buoni, – nessun’altra cosa hanno di corte se non che in corte vivono, e pur che di vestimenti si mostrino più degli altri in ordine e politi, par loro esser i primi uomini del mondo. Chè dove i veri e buoni cortegiani già si dilettavano de l’essercizio de l’arme, di quello de le lettere e de le altre vertù, e tutto il tempo spender in cortesie ed in por pace tra’ nemici e metter concordia tra i discordanti, facendo unire i disuniti; questi tutto il contrario fanno, e pur che facciano il «milite glorioso» con chi puote meno di loro, gli par esser grandi Tamberlani. Se i buoni cortegiani con l’essercizio si facevano agili, destri e prodi cavalieri, questi di cui io parlo, non d’essere, ma apparere con bella spada a lato si curano, tenendo più conto che si dica che vagliano assai, che valere. Esser letterati stimano quasi vergogna e dicono che lo studiare ed impallidire sui libri è cosa da dottori, preti e frati. Nondimeno sono così sfacciati e temerarii che se si ritrovano ove tra elevati ingegni si contrasti d’alcuna curiosa materia, così de le dottrine umane come de le divine, eglino, che pur vorrebbero apparer dotti, presontuosamente sono i primi con il lor sputar tondo a voler decidere il tutto, di modo che spesse volte dicono le maggior pappolate e le più inette ciancie che mai si sentissero, e vogliono che solamente a l’autorità del nome loro si creda, come se fossero Aristoteli e Platoni. Quello poi che non cape loro ne l’ignorante cervello, come impossibil cosa, sentir non vogliono. Cortesi sono di parole, ma gli effetti ritroverai tutti contrarii al dire, perciò che largamente ti prometteranno favorir le cose tue appo il signore e nulla ne faranno, perchè il tuo avversario averà lor donato molto più di quello che tu dato gli averai. Nè per questo sarà chi teco piatisca talora, più di te favorito, perchè secondo che tu ingannato sei, così l’altro beffato si truova. Basta a questi magri cortegiani che il volgo creda ch’eglino siano in grandissimo credito appo il prencipe e che da questi e quelli cavino danari. Ti prometteranno parlar al signore dei casi tuoi, e in tua presenza d’altri affari a l’orecchia gli parleranno, dandoti a credere che di te hanno favellato e tuttavia mille favole ti venderanno. Di questo numero fu