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quella. Fatta adunque la figliuola sedere, e dettole ciò che era venuto il cameriero del re a farle intendere, ultimamente, piangendo, così la contessa le disse: – Figliuola mia cara, già fu tempo che per vederti io tra le più belle donne di questo reame la più bella e sovra l’altre onestissima, che io mi teneva per una madre felicissima, facendomi a credere che per le tue rarissime doti a noi devesse onore e utilità venire. Ma io di gran lunga errata sono, e dubito pur assai che per distruzione ed universal rovina nostra tu sia nasciuta e, – che Dio nol voglia! – tu sia cagione de la morte di tutti noi. Or se tu volessi piegar alquanto la tua rigidezza e lasciarti governare, tutto il dolore e la tristezza nostra si convertirebbe in festa ed in gioia. Non sai tu, figliuola mia, che io più teneramente sovra gli altri miei figliuoli t’ho sempre amata, e ciò che da me di nascoso avesti quando il conte di Salberì, che Dio abbia in gloria, per moglie ti prese? Perchè adunque per amor mio questa tua durezza romper non vuoi e lasciarti a me governare, che madre, e madre amorevole, ti sono? Pensa che il re non solamente è di te innamorato, ma, quasi impazzito per la tua fiera crudeltà, sta molto male ed in periglio grandissimo de la vita si truova. Tutto il mondo sa che la tua ostinazione è cagion del male e de la discontentezza sua, di maniera che noi siamo in odio a chiunque la salute del re desidera, e tutti, eccetta tu, la bramano. Non ti sovviene esser molte fiate avvenuto che andando noi a messa e fuor per altri nostri bisogni, abbiamo da grandi' 'e piccioli udito dire molto mal di noi? – Ecco, – dicevano, – le beccaie del nostro re, ecco le micidiali donne che mai d’un buon viso non gli furono cortesi nè d’una piacevole parola. E vogliono fare le sante, e a l’ultimo, chi bene spiasse, si trovarebbe che un palafreniero di stalla od un barcaruolo le gode. Che venga il tuono e la saetta del cielo, che tutte l’arda e consumi! – Queste parole so io bene che tu hai sentito così come io, ed il cordoglio ed affanno che ne ho preso e tuttavia ne prendo, Dio per me te lo dica. Pertanto, figliuola mia carissima, con le braccia in croce ti priego che divenuta alquanto pieghevole a le mie preghiere, tu non voglia esser la rovina e distruzion nostra. Tu dèi sapere che i prencipi e regi, poi che hanno un lor suddito pregato a cui comandar ponno, e vedeno che i prieghi non vagliano ciò che deveriano valere, metteno mano a la forza e a mal grado di chi non vuole fanno con poco piacere dei soggetti tutto quello che gli aggrada. Il nostro re farà anco egli il medesimo, e già m’ha minacciato di farlo, di modo che quello che agiatamente e con segretezza far si poteva, sarà di tal sorte messo