Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/135

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novella xxxvii. 133

per fede e sacramento vi siete obbligato d’osservarmi, o non mi rubate quello che, quando involato me l’avrete, mai più, con quanta forza e tesoro abbiate, restituir non mi potrete. Qualunque di queste due cose Facciate, io resto da voi tanto ben soddisfatta, quanto dir si possa. Che pensate, sire? che mirate? O attenetemi là promessa, o sfoderata la spada, ancidetemi. Ecco la gola, ecco il petto: che tardate? E così dicendo, intrepidamente la bianchissima e bella gola col marmoreo petto al re stendendo lo pregava dolcemente che la svenasse. Egli fuor di sè, a sì fiero e pietoso spettacolo era fatto immobile; onde ella, che avrebbe potuto spezzar un monte di metallo in quell’atto di pietà tutto pieno di compassione, poichè ebbe finito di dire, si lasciò, come una penitente Maddalena innanzi a Cristo, dinanzi ai piedi del re cascare, non mai perciò abbandonando il coltello; e quelli di calde lagrime bagnando, attendeva, o la desiderata risposta dal re, o con invitto e sicuro animo la morte. Stette esso re buona pezza senza far motto nessuno, varie cose tra se ravvolgendo; e da mille pensieri combattuto, irresoluto dimorava, non cessando in questo mezzo Alix di pregarlo che una delle due cose facesse. Alla fine, considerata il re la costanza, la fermezza ed il valore della sua donna, che egli più che se stesso amava e fermissima opinione tenendo che pochissime si sarebbero cosi da bene ritrovate, e che d’ogni onore e riverenza ella era degna, con un focoso sospiro la mano porgendole, pietosamente le disse: Levatevi su, signora mia, e di me punto non dubitate che io altro da voi mai più voglia, se non quel cotanto che vi piacerà. Tolga Iddio da me che quella donna, cui io a par del cuor mio, anzi più assai amo, ancida: perciocchè chiunque quella molestare, non che svenar volesse, io come nemico mio mortale strozzar vorrei. Levatevi su, per Dio! Signora mia, levatevi. Rimanga questo tagliente, e nel vero, a mio parere, avventuroso coltello nelle mani vostre, verissimo testimonio a Dio ed agli uomini della vostra onestissima ed invitta castità; il cui pudico cospetto amor terrestre e lascivo non potendo sofferire pieno di scorno e vergogna e via da me fuggito, ed a sincero e vero amore ha dato luogo. Se io per il passato i miei nemici ho saputo vincere, ora mostrerò che me stesso vincendo, e i disonesti miei voleri affrenando, so alle mie voglie soprastare, e far di me e degli appetiti miei ciò ch’io voglio. Quello mo che nell’animo mi capa, e sia deliberato di fare, e di corto per metterlo ad effetto, voi con vostra, così giovami di credere, somma contentezza, e forse con non minor meraviglia, tosto con l’aiuto di Dio ve-