Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/165

Da Wikisource.

Camillo che io a lui dopoi facessi questo torto? Tolga Iddio da me che mai per nessun tempo in simil errore trabocchi! Sì che, Delio mio, io son qui ne le tue mani per conseglio e per aita, non sapendo altrove che a te ricorrere, perchè so che m’ami. – Delio, poi che ebbe attentamente udita questa nuova e fastidiosa istoria, pieno d’ammirazione stette alquanto sovra di sè, varie cose, ne l’animo suo ravvolgendo; onde essendo consapevole quanto Camillo amasse Giulio e come n’era ottimamente da Giulio ricambiato, non gli pareva a modo nessuno dover sofferire che una sì leale fratellanza si guastasse. E conoscendo per lunga esperienza, (perchè era uomo assai attempato, e che molto del mondo in Italia e fuori aveva visto, e praticato in diverse corti con vari principi), quanta fosse difficultà a trovar un amico che veramente amico chiamar si potesse, troppo altamente gli doleva di questa rodente ruggine venuta nel core a Camillo contra di Giulio. Per questo egli deliberò, mentre la ruggine ancor non era troppo abbarbicata, usar ogni opera per sbarbarla e diradicarla in tutto. E perchè aveva ferma credenza che Giulio del detto caso colpevole non fosse, tanto più volentieri vi si voleva affaticare. Indi, dopo molte parole, venne in questa conchiusione: d’andar con Giulio a trovar Camillo, e a tutti i modi possibili levargli la impressa openione del capo. E così tutti dui dopo desinare v’andarono e trovarono Camillo che era in camera.' 'Quivi entrati, videro ch’ei leggeva un certo libro. Salutato che l’ebbero e rese da lui le debite risalutazioni, volendo Delio cominciar a parlargli, egli, toltali la parola di bocca e a Giulio rivolto, in questa maniera gli disse: – Io ho piacer grandissimo, Giulio mio, che Delio nostro ora qui teco si ritruovi, imperò che, essendo amico com’è ad ambi noi, voglio per sodisfazion tua e mia ch’eternamente sia testimonio di quanto intendo dirti. E per non consumar il tempo indarno, ti dico ch’io son chiaro che Cinzia compiace di se stessa amorosamente a altri che a me, e so che tu con lei giaciuto più volte ti sei. Di lei so ben io ciò che far ne debbio, e quanto in mente n’ho deliberato è già a lei fatto intendere. E perchè stimo molto più un peluzzo de la tua barba che non faccio quante pari di Cinzia sono al mondo, ti dico ed affermo che per questo non sono io già mai per averti men caro di quello che sempre t’ho avuto, anzi se da te non mancherà, voglio che l’amicizia nostra sia com’era prima. Onde occorrendo che tu voglia far isperienza di me, così ne la vita come ne la roba, tu troverai che non hai uomo, sia chi si voglia, del quale tu possa tanto disporre quanto sempre di me farai ad ogni tua