Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/241

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poi, quando tempo gli parve, montato a cavallo con molti dei suoi gentiluomini, disse voler andar a far correr due lepri; e andando per compagnia cacciando a traverso molte vie, passò su quella per la quale le belle peregrine se ne venivano. Domandò la duchessa che gente fosse quella; a cui la signora Isabella rispose dicendo: – Signora, questo è mio fratello, il signor don Giovanni, che per suo diporto va cacciando, e quello è che sovra quel giannetto bianco come armellino vedete con quelle piume bianche nel cappello. – La duchessa, che senza averlo veduto se n’era innamorata per la fama sola de la sua beltà, vedutolo assai più bello e vie più leggiadro di quello che imaginato s’aveva, restò di modo da la bellezza e leggiadria del cavaliero vinta e sì fieramente accesa, che tutta fuor di sè rapita e nel cavaliero trasformata quasi non sapeva muovere il passo; ma tutta intenta nel viso di lui lo rimirava, non le parendo mai aver in vita sua sentita tal dolcezza quale in contemplarlo gustava, e volentieri quivi fermata si sarebbe per meglio poterlo a suo agio rimirare. Don Giovanni smontato da cavallo venne cortesemente a basciarle le mani, come a gentildonna che in Italia avesse di lui la sorella accarezzata, e quella ringraziando, le disse che ella fosse la ben venuta, offerendole quanto poteva e valeva. E così offerendosi e ringraziandosi, parve al cavaliero che quella fosse la più bella ed aggraziata donna che veduta egli avesse già mai. Ed in quel poco che insieme ragionarono, avvenne per sorte che gli occhi di amendui vista per vista si scontrarono, di tal maniera che se possibil era accrescer al fuoco de la duchessa nuova èsca, quella vista ve n’accrebbe, e il cavaliero restò sì fieramente da lo splendore di quei dui ardentissimi lumi infiammato, che subito si sentì restar dentro a quelli preso, e in lui non esser parte alcuna che per amore de la bellissima peregrina tutta non ardesse. Ma nessuno di loro ardiva le sì cocenti fiamme discoprire, anzi quanto più poteva si sforzava celarle. Il che era cagione che miseramente si struggevano, perciò che quanto l’amoroso fuoco celato si tiene, tanto più arde e consuma l’amante. Stette tre dì la duchessa a riposarsi in casa di don Giovanni, molto onorata e festeggiata; e, cercando con la vista de la cosa amata scemare il fiero ardore che miseramente la struggeva, quello d’ora in ora faceva maggiore. Era al medesimo termine il cavaliero, il quale, quanto più le belle e vaghe bellezze de la donna contemplava e tra sè lodava, tanto più per gli occhi l’invisibile ed amoroso veleno beveva,