Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/297

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e gentiluomini. E per esser il caldo grandissimo, dopo che si fu desinato, essendo tutti in una gran sala terrena assai, secondo la stagione, fresca, o almeno de l’altre stanze assai men calda, s’entrò in un bellissimo ragionamento de la liberalità e magnificenza d’alcuni grandissimi prencipi, e massimamente di quelli che, avuti i proprii nemici ne le mani, non solamente loro avevano perdonato e donatogli la vita, ma gli avevano rimessi nei regni e dominii già perduti o datogli aiuto a ricuperargli. Dagli antichi si venne ai moderni e fu con general lode da tutti sommamente lodato Filippo Maria Vesconte, terzo duca di Milano, il quale, avendo ne le mani per prigioni Alfonso di Ragona con altri re e tanti prencipi, baroni e signori, non solamente non fece lor pagare riscatto alcuno, ma onoratamente fece albergar ciascuno secondo il grado che aveva, e con lauti e luculliani conviti molti dì festeggiò, dando loro di feste e giuochi ogni trastullo che fosse possibile. Poi liberamente tutti lasciò ritornar a casa, ed aiutò Alfonso a ricuperar il regno di Napoli. Fu anco meravigliosamente celebrato il magno Lorenzo Medici, padre di Lione decimo, sommo pontefice, il quale fu moderatore e capo sapientissimo de la republica fiorentina, e quella con tanta riputazione sempre resse. Aveva Ferrando vecchio di Ragona, re di Napoli, con papa Sisto quarto fatta collegazione per levar in ogni modo Lorenzo de’ Medici dal governo di Firenze. E messosi un grosso essercito insieme col quale fu assalita la Toscana, ed avendo già occupate molte terre e castella del dominio dei fiorentini, Alfonso duca di Calabria, con astuzia e favore d’alcuni cittadini, era con parte de l’essercito entrato in Siena, tuttavia guerreggiando i fiorentini. Lorenzo, che si vedeva abbandonato da’ veneziani, e da Milano non isperava poter esser soccorso per la morte del duca Galeazzo Sforza e discordia dei governatori del pupillo, poi che molti pensieri ebbe fatto per liberar la patria, deliberò, poi che i nemici dicevano non ricercar altro se non che Lorenzo non governasse, andar egli in persona a Napoli a ritrovar Ferrando. E messo in Firenze quell’ordine che gli parve il meglio, andò giù per l’Arno a Pisa, ove, preso un bregantino, navigò a Napoli. Giunto quivi con prospera navigazione e smontato in terra, se n’andò di lungo, senza dar indugio al fatto, a trovar nel castello il re Ferrando, al quale, trovatolo in sala con i suoi baroni, fece la convenevol riverenza e gli disse: – Sacro re, io son Lorenzo de’ Medici, venuto al tuo cospetto come a tribunale giustissimo, e ti supplico che degni prestarmi grata udienza. – Ferrando si riempì d’estremo stupore al nome di Lorenzo Medici, e non poteva imaginarsi come egli fosse stato oso venirgli a l’improviso, senza salvocondutto nè