Pagina:Bandello - Novelle. 4, 1853.djvu/206

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voi m’ha tenuto lunghi propositi. Ma perdonimi ella, ché io in quei pochi dí che voi qui a diportarvi nosco dimoraste, v’ho trovato esser da molto piú che non è la fama ch’io udiva di voi. Né per questo voglio adesso dire tutte quello che di voi sento. Basta che voi sète persona gentilissima ed uomo da tutte l’ore, e rassembrate al zucchero che mai non guasta vivanda veruna ove si ponga. Eccovi adunque essa istorietta, che a l’onorato vostro nome ho scritta e dedicata, a ciò che al mondo resti testimonio del mio amore che vi porto e del desiderio che in me vive di potervi fare alcun servigio, se bene le forze mie sono assai deboli e poche. State sano.Novella LXVIII

Messer Marco Antonio Cavazza in meno di due settimane
casca in varii e strani accidenti, e, fatto schiavo di mori,
vien liberato con sua buona fortuna.


Non deviando punto, signori miei, da la materia de la quale si ragiona, – e s’è assai tenzionato de la variazione che bene spesso fa la Fortuna dei casi nostri, che scherzando fa di noi come il gatto far suole del topo, e che insomma l’uomo, per fortunoso caso che l’assaglia e spesso opprima, non deverebbe disperarsi giá mai, – io a questo proposito intendo narrarvi alcuni sfortunati accidenti, che non è troppo a Marco Antonio mio fratello, che tutti domesticamente conoscete, occorsero con grandissimo suo pericolo, e dirvi insiememente come in pochissimi giorni egli, la Dio mercé, fu avventurosamente liberato. Devete adunque sapere che, avendo determinato l’illustrissimo e reverendissimo prencipe, monsignor Giorgio d’Armignac, cardinale di santa Chiesa dignissimo, di trasferirsi con tutta la corte sua a Roma, prima che da Rodez egli partisse, chiamato a sé Marco Antonio mio fratello, gli ordinò che si mettesse in ordine per passare per mare a Roma, a ciò che conducesse un palagio convenevole e lo fornisse di tutto quello che era bisogno a fine che egli, che intendeva far il viaggio per terra, al giungere suo trovasse il tutto in punto. E cosí esso monsignore gli diede lettere di cambio in Roma per tremila scudi ed a la mano gli fece consignare settecento cinquanta scudi. Mio fratello, por non portar quel peso di tanti danari a dosso, commise a Beltramo di Bierra, che il cardinale dato gli aveva in compagnia, che se ne cucisse settecento dentro il giubbone, ed egli ritenne i cinquanta in