Pagina:Bandello - Novelle. 4, 1853.djvu/267

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mio signore e la vostra, io mi terrei il più fortunato uomo di questo mondo, perciò che questo sarebbe la intiera ricompensa che io cerco e dimando de la mia assidua, leale e fedele servitute, come colui che vie più di ogni altro sono ubligato a porre ogni ora questa mia vita ad ogni manifesto rischio per servigio di voi dui, portando ferma openione che l’amor che voi portate al detto mio signore sia accompagnato da tale grandezza e castità, che non solamente io, che sono uno picciolo vermicello de la terra, ma nè anco il più grande prence e segnalato uomo che si trovi deveria in menomissima parte pensare di poterlo macchiare nè fargli uno minimo nocumento. E per quanto appertiene a me, esso mio duca, signore e padrone mi ha sempre da picciolo fanciullo nodrito e fatto tale, quale io sono e sarò fin che io viverò. Il perchè egli non saperia avere moglie, figliuola, sorella o madre, che io ardissi guardar con altro occhio, pensiero o intenzione, se non come a leale e fedelissimo servitore si conviene. – Udendo questo, la duchessa non lo lasciò parlar più oltre, veggendosi manifestamente da Carlo disprezzare. E perchè non può a donna, di quale condizione si sia, avenire cosa di maggiore sdegno che il vedersi non essere amata quando ama, in uno repente cangiato il fervente amore in fiero e crudelissimo odio, tutta piena di rabbia e còlera, con menacciosa voce e turbato viso soperbamente li disse: – Io credo, uomo da poco che tu sei, che tu ti persuada che io sia innamorata del fatto tuo; ma tu vai assai lunge da mercato, tristo, ribaldo e glorioso, se forse a simile follia tu pensi. E chi è che di simile cosa ti parli? Tu ti pensi forse per la tua bellezza essere da tutto il mondo amato, e che le mosche, le quali per l’aria volano, siano di te innamorate? Ma se tu fossi cotanto presontuoso e trascurato che tu mai osassi di tentarmi di amore, io con tuo grandissimo danno ti mostrerei che te non amo, nè sono per amare già mai altra persona che il signore duca, mio marito e signore. E il proposito, che teco favoleggiando ho tenuto, non è stato per altro che per passare el tempo e sapere che fosse l’intendimento tuo e beffarmi di te, come io soglio fare degli altri matti innamorati. – Io, – le rispose Carlo, – così ho creduto e credo, perchè so come voi, alte dame, vi dilettate di dare la baia agli uomini. – In questo la duchessa, nol volendo più ascoltare, se ne andò a la sua camera e sola si chiuse in uno suo camerino segreto, dove piena di fellone animo e con grandissimo dolore, pensava di vendicarsi contra Carlo. Da uno canto l’amore che a lui aveva portato le era una amarissima e dolente pena, e da l’altra parte non si poteva