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cosa alcuna degna di castigo gli vendono o mandano in Evizza a portar il sale; il nostro piacevole messer Lione da Iseo narrò un mirabil caso avvenuto ne l’isola di Maiorica, che, nominandola a l’antica, è una de le isole Baleari. Il qual caso avendo io scritto e sapendo che voi, signori napoletani, mirabilmente vi dilettate di tenere schiavi, ve l’ho voluto mandare e farvene un dono. Io mi rendo certo che non a la picciola novelletta guarderete, ma che accettarete il buon volere de l’animo mio, avendo giá voi in altri affari ottimamente conosciuto quanto io v’ami e di che maniera feci con l’illustrissimo signor Prospero, nostro commune padrone, ne la cosa che voi e il nostro gentile messer Girolamo Gargano mi commetteste. Saperete ancora questa istoria essere stata latinamente descritta dal gran Pontano, né perciò debb’io restare di darvela tale quale l’Iseo la narrò. State sano.

Novella XXI


Uno schiavo battuto dal padrone ammazza la padrona
con i figliuoli e poi se stesso precipita da un’alta torre.


Ne l’isola di Maiorica fu non è ancora gran tempo, per quello che certi catalani affermano, un gentiluomo chiamato Rinieri Ervizzano, il quale si trovava ricchissimo di possessioni, di bestiami e di danari. Egli prese moglie, ne la quale ingenerò tre figliuoli in diversi parti. Andò costui un giorno di state fuor in villa, ove egli aveva un agiato e bellissimo casamento con un ricco podere, e quivi con tutta la famiglia molti dí se ne stette, diportandosi ne la caccia ed altri piaceri. Era la casa vicina al mare, ove egli suso uno scoglio aveva fondata una torre che con uno portello a la casa si congiungeva, a fine che, se i corsari talora venissero, egli con la famiglia lá dentro si potesse salvare. Standosi quivi Rinieri ed avendo alcuni schiavi, avvenne un dí che un moro fece non so che, di modo che egli adirato gli diede tante busse che per assai meno un asino sarebbe ito a Roma. Il moro se la legò al dito e non poteva a patto nessuno sofferire d’esser stato come un fanciullo battuto, e deliberò fieramente vendicarsene, né altro attendeva che la oportunitá. Essendo adunque ito Riniero un giorno a caccia con molti dei suoi, il perfido moro vide la padrona che con i figliuoli, dei quali il maggiore non aveva ancora sette anni, era entrata per certi bisogni dentro la torre. Onde, giudicando esser venuta la comoditá di vendicarsi che tanto bramava, pigliata una fune, entrò ne la