Pagina:Bandello - Novelle. 4, 1853.djvu/89

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tutti furono a dormire, non so come, si partí da la stalla e andò dentro il chiostro, ove l’erbetta era tenera e grassa, e quivi stette buona pezza, pascendo l’erbette d’esso chiostro. Dopoi, avendo forse sete, andò per tutto fiutando e s’avvenne al vaso de l’acqua benedetta, la quale tutta si bebbe, come poi il dí seguente i frati s’avvidero. Pasciuto che fu e cavatasi la sete, andò su la sepoltura del reo uomo sepellito la sera innanzi, che tutta era coperta d’arena, e quivi piú volte aggirandosi, si distese per riposarsi. È consuetudine che, sonato il matutino, i novizii se ne vanno al coro e quivi apprestano le candele e libri per cantar l’ufficio. Andarono dunque a l’ora del matutino duo giovinetti per preparar ciò che era bisogno, e passati per la sagrestia, ne l’uscir di quella per andar al coro, videro messer l’asino disteso su la sepoltura, con gli occhi ch’assembravano duo gran carboni ardenti, e due orecchiacce lunghe che proprio rappresentavano duo corna. Le tenebre, fomento ed aita del timore, il sepellito frescamente in quel luogo, col vedervi su quella orribile, a quella ora, bestia, levarono di sorte il giudizio ai timidi giovini che, senza pensare piú innanzi, credettero fermamente quella bestia esser il diavolo. Onde spaventati, si misero, quanto piú le gambe ne gli poterono portare, a fuggir via, tenendosi per ben avventurato colui che piú forte se ne fuggiva. Giunti in dormitorio, ansando e non potendo quasi formar parola, incontrarono alcuni frati che se n’andavano al coro, tra i quali era il maestro dei novizii. Egli, veggendo, per lo lume che tutte le notti arde in dormitorio, costoro tornarsene indietro, disse loro perché non andavano ad apprestar l’ufficio; i quali con perturbata e timida voce gli risposero che su la sepoltura de l’interrato la sera avevano visibilmente veduto il nemico de l’umana natura. Il buon maestro, che non era perciò il piú animoso uomo del mondo, cominciò a tremar di paura e stava fra due, se doveva discendere o no. Su questo arrivò fra Giovanni Mascarello, cantore e ottimo musico, il quale, sentendo questo, animosamente se n’andò giú. E come entrò in chiesa e vide quella bestia, che aveva distese l’orecchie per lo strepito che aveva sentito, se gli appresentò innanzi il morto e la sua malvagia vita, e subito, rivolgendo le spalle, serrò l’uscio de la sagrestia e corse di lungo di sopra, gridando quanto poteva piú: – Patres mei, egli è il diavolo ed il nemico de l’umana natura! – E piú fiate replicava simili parole. Egli ha, come sapete, una grandissima voce, e gridava sí forte che non vi fu frate nel monastero che non lo sentisse. Il priore, che alora usciva fuor de la cella, si fece innanzi e a fra Giovanni