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NUMERO PRIMO
19
Ecco la traduzione fatta; ma mi è riuscita cosi sfibrata, e
mi pare che faccia un cosi gran torto all’originale, che sono
quasi per privare i leggitori di questa lettura; pure il curato
don Petronio Zamberlucco dice che è buona, quantunque non
sappia un’acca della lingua araba, e vuole ch’io la lasci cor-
rere; onde i leggitori se l’abbiano, e facciano conto di sentir
uno a parlare una lingua forestiera con cattiva pronunzia e
con frase impropria, e invece di badare alla pronunzia ed alla
frase, badino al senso ed all’ intenzione, che troveranno e
senso e intenzione in questo arabo poemetto molto migliore,
che non nell’animalesco discorso del filosofo mugellano, alla
di cui postuma produzione tornando, mi resta solo da soggiun-
gere che senza la balordaggine d’un figliuolo impronto e paz-
zerello, non verrebbe frequenti volte ad esser nota più d’una
matta cosa operata da un poco savio padre. Se come delle
sostanze i figli redassero della dissimulazione e dell’ipocrisia
da’ genitori, questo discorso Del matrimonio non sarebbe stato
pubblicato colle stampe. Cosi un gattino dibattendosi per
ischerzo e per letizia sur un mucchio di scopature, viene ta-
lora a palesare quelle immondizie, che il gatto padre, indotto
da naturale istinto, cercò nascondere agli occhi e al naso degli
uomini. Intendami chi può che m’intend’io.
L’ UCCELLATURA. Poema dell’abate Girolamo Guarinoni, Bergamo,
1760, appresso Pietro Lancellotti, in 8».
Se tutto quello che in poesia non è che mediocre si deve
dire cattivo, questo poema dell' Uccellatura si ha a dire cattivo
superlativamente, perché la più mediocre cosa di questa ap-
pena si potria scrivere da chi si studiasse di scrivere una cosa
mediocre. Qui non v’ è invenzione nel soggetto, qui non v’ è
estro nei pensieri, qui non v’è armonia nella versificazione,
qui non v’è purità nella lingua, qui non v’è grazia nello
s 1 e, qui in somma non v’ è neppure una di quelle cose che