Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/216

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DI RISBALDO ORSINO D’ORBASSANO A IGN^IO SOMIS 21 5 che per la grazia del Signor Dio siete un arciprete de’ nostri, castrato, come si suol dire, per lo regno de’ cieli, che importa divegniate vescovo, e massimamente con pregiudizio della salute vostra? Né voglio mica dire per questo che mi spiacesse vedervi andar dietro alla vostra innocente greggia con un pastorale d’argento in mano e con una grossa croce d’oro pendente al collo: voglio semplicemente dire come gli è meglio l’aver il poco in salute che non il molto con degli acciacchi. Fate dunque di badare, piú che ad ogn’altra cosa, a conservarvi quell’arciprete vegeto, grasso e bello che siete, e non mi fate piú quell’orrendo consumo d’inchiostro che v’avete fatto l’anno passato; e se volete pure scarabocchiare i nuovi trattati di teologia, componeteli senza porre quegli umori, eli’ io diceva, fuori del debito equilibrio collo starvi tutto il santo di a menar la penna; imperocché ad ogni modo Santa Chiesa non pericolerá mai, che voi perdiate la salute o che ve la conserviate. Soprattutto non vi si scordi far trottare alcuna volta quella vostra bizzarra cavalla verso questo nostro villaggio d’Orbassano, dove sapete quanto siate sempre il ben venuto, insieme col vostro savio fratello e con qualunque altra persona vogliate condurre con voi. Addio, signor arciprete.