Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/249

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mettendo insieme (e questo sia detto per parentesi) ad essi tutti di fare lo stesso; e congiurate tutti d’accordo a persuadermi quello di che giá sono persuasa bene: cioè ch’io sono la piú bella e la piú aggraziata e la piú amabile donna di tutto il mondo. E allora, chi sa? forse ti permetterò una volta l’anno di toccarmi una mano sguantata; forse t’inviterò qualche volta a bere il caffè meco; forse mi lascerò anche cadere inavvedutamente il ventaglio di mano, perché tu t’abbia l’infinito gaudio di ricôrlo e di porgermelo con molto ossequio; e chi sa ch’io non mi ponga anco per puro caso alla finestra quando saprò passerai per la via, onde tu mi possa vedere in un’ora insolita? Qualcuna di queste cose la farò forse per te, e massimamente se tu non mi farai sempre il geloso e l’ammartellato intorno, ché di tutti i caratteri immaginabili que’ de’ gelosi e degli ammartellati sono propio quelli che detesto il piú. Con meco tu non hai a darti dell’arie e delle pretese, e sopra ogni cosa non hai a credere il tuo sultanismo t’abbia a far distinguere da me piú di qualunque tuo anche minimo sangiaccuccio. Un’acca di superbia tu mi mostri, basterá perché io ti bandisca issofatto dalla mia presenza, ché della superbia nessuno n’ha ad avere dove sono io. Ciascheduno ha da considerarsi eguale all’altro dinanzi a me, sia il suo grado quant’alto si vuol essere, perché la bellezza è come la morte, che agguaglia ogni genere di persone. Se la proposta ti garba, se questi patti non ti sembrano duri, come in effetto noi sono, vieni a Firenze, ché sarai il molto ben venuto. Se no, stattene dove sei, ché a me non manca chi m’adori.

«Il tuo chiausse ti riporterá quel sacco di diamanti e quell’altro di sultanini che mi mandasti per esso e che non voglio accettare, perché l’avarizia non ha qui luogo in alcuna donna, e specialmente in me. Fa’ di star sano colle tue giorgiane e colle tue circasse. Addio, addio».