Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/316

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DI NICCOLA PRANCHI A FRANO. VACCA BERLINGHI IERI 317 da un capo all’altro tutto quello che le stampe t’han detto di quel Clodio, e t’infilza una tiritera noiosissima di passi tratti da Cicerone, da Valerio Massimo, da Dione, da Seneca, da Velleio Patercolo, da Varrone presso Aulo Gellio, da Plutarco, da Svetonío, da Appiano, da Macrobio, da Ovidio e da Sallustio. E quasi che questi pochi nomi non bastassero a rendere la nota prolissa e a farti perdere quanta pazienza t’hai, e’ ti dá per giunta anche quelli dell ’Oliviero e di Giovanni Rosini e d’Alessandro Napoletano e del Sigonio e del Britannico e del padre Riccioli. Bel segreto affé, per mostrarsi erudito a proposito di Clodio, tirando in ballo la dea Bona, e le varie dignitá possedute da Cesare, e le sue mogli, e i consoli che furono a que’ tempi, e i fasti capitolini, e millant’ altre cose che non hanno punto che fare col verso di Giuvenale! Usando di questo segreto, il signor conte s’ha empiute sette pagine in quarto con una sola nota, e tutte sette d’un carattere minutissimo. A che tanto barchereccio per traghettare si poca mercanzia? S’adoprino di cotesti recipe i nostri stolti Denina, i nostri balordi proposti Lastri, onde possano anch’essi mostrarsi eruditissimi ne’ loro bisogni, ch’io per me li detesto come ciarlatanerie sciocche, dica il mondo quel che vuole. Della traduzione poi che il signor conte Camillo s’ ha posta in faccia alle Satire, non è né anco possibile dirne alcun bene. Anche costi e’ s’è affacchinato a mettere in rime gli esametri del suo poeta; ma quelle rime, che gli riuscirono sempre disubbidienti, l’hanno condotto a diffondersi tanto in parole, ad avvolgersi tanto e tanto di qua e di lá, che ti dánno finalmente una molto smilza idea dell’originale. Quanto quell’originale è stringato e vivace e tagliente, tanto è la traduzione floscia e strascinata e ottusa. E non parliamo né tampoco de’ tre metri da esso adoperati, vale a dire de’ suoi terzetti, delle sue quartine e delle sue strofe. I terzetti fanno assai bene in satira, quando sono facili e netti, quando sono bruschi e focosi. Sono tali que’ del conte Camillo? Signor no; ché sono anzi tutti sporchi, stentati, insipidi e senza punto di fuoco. La piú sfibrata terzina nelle Satire dell’ Ariosto riesce una perla a paragone della /