Pagina:Baretti - La scelta delle lettere familiari, 1912 - BEIC 1749851.djvu/75

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pazzo titolo. Il volume è in sedici, e nell’ultima pagina dice: «Stampato in Vinegia per Francesco Bindoni e Mapheo Pasini compagni, il mese di giugno mdxxxv». È stampato in un caratterello semigotico e in otto fogli, senza numeri e senza registro. Ogni facciata, divisa in due colonne, contiene dieci ottave, e tutto il poema si racchiude in quindicimila versi circa, de’ quali io m’ebbi la santa flemma di leggere quasi tremila: cosa che, dall’autore in fuora, nessuno ha forse mai fatto in passato né veruno fará mai in avvenire. Una trista dedicatoria in prosa è indirizzata dall’autore ad un suo «strenuo compatre cordiale e osservandissimo consanguineo, magnifico cavaliero messer Francesco Garimberti»; e questa dedicatoria ne dice chiaro che tutta l’opera fu da esso autore finita in quattro mesi per ubbidire ad una dama, la quale, avendo letto un libro de’ suoi sonetti, gli ordinò di comporre «qualche trattato amoroso»; e il trattato amoroso s’intende che sia questo poema. E siamo inoltre informati da una lettera impressa in fine, scritta da un «Antonio Carpessano al lettore», come lo stesso Carpessano ha con sottile astuzia rubato il manoscritto all’autore, e poi, «senza saputa e contra la voglia^ del poverino, l’ha fatto stampare, acciocché il mondo non si rimanesse privo d’una tanto ghiotta cosa. È però da notare e da credere che quel povero Carpessano fu non meno bugiardo di quel che si confessi ladro, e che il libro non si potette da esso pubblicare senza saputa e contra la voglia dell’autore Baiardo, poiché questi vi fece la dedicatoria. Né occorre dire, per salvarlo, che la dedicatoria insieme col titolo sará stata, come s’usa sovente, stampata dopo stampato il poema in alcune pagine a parte; poiché il primo foglio contiene il titolo, la dedicatoria e tanta parte del poema stesso quanta ne può contenere. Molti scrittori de’ tempi nostri, come molti de’ tempi andati, hanno fatto uso di tali sciocchi artifizi e procurato di caparrare la benivolenza de’ leggitori con mostrarsi umili e pieni di paura, e con assicurarli che non sarebbon iti a seccare il mondo in istampa, se avessero pur potuto sottrarre gli scritti loro alla gentile importunitá o all’amichevole rapacia di Caio e di Sempronio. Ma i furfantoni non sono tutti mal destri