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18 PREFAZIONI E POLEMICHE

suoi. Ma la non fu mica finita qui la commedia, sapete. Oh ci resta ancora il più bello da raccontare! Leggete, leggete, che sentirete.

Il seguente giorno io incontrai il signor Adamante Martinelli, il quale mi ebbe appena veduto che cominciò a gridarmi a quanto n’aveva in gola: — Olà, olà, compare, lo sappiamo, S’gnor si, lo sappiamo il nome di quel tartaro che ti ha scritto e mandato nella lettera orba il sonetto contro. Sai tu chi egli è, lo sai tu? Oh, compare, non te ’l vo dire, se non mi preghi: indovinalo, te lo do alle tre, alle quattro, alle quarantaquattro. — E avremo noi a far venire l’astrologo Rosacelo? — rispos’io. — Dunque — disse il Martinelli — chi ere’ tu ch’e’ sia? — Ed io: — Oh gli è barba Schiavo! Ci vuol e’ ’l cannocchiale per distinguere quest’asino agli orecchi, come diceva quell’altro? — Cosi lo colga pure il morbo, come gli è egli — rispose il Martinelli. — Ma tu, Baretti, come lo sai tu? — Già te l’ho detto — rispos’io, — agli orecchioni ho riconosciuto l’asino; forse che quel sonetto non è in quello stesso asinesco stile dell’altre sue poesie? Ma tu, Martinelli, che non hai visto, cred’io, il sonetto critico, come sai tu che gli è di pre Biagio? — Se non l’ho veduto io — disse il Martinelli — lo ha ben veduto un gentiluomo a cui lo Schiavo lo ha letto prima di mandartelo, e quantunque quel gentiluomo lo sconfortasse a non far tal cosa, ha saputo (e me l’ha detto non ha mezz’ora) che te l’ha mandato, e che anzi ier sera gli avete dette le sue alla bottega di Menegazzo. — Cosi mi disse il Martinelli e mi nominò anche il gentiluomo, che io non posso qui nominare in iscritto, perché, sendo ora questo cavaliere in villa, non posso chiedergliene licenza.

Quando io ebbi questa notizia, andai la medesima sera al caffè, e lo Schiavo, puntuale come un creditore, ebbe coraggio di lasciarsi trovare nella solita compagnia. Ma non andò a Roma a pentirsene, perché io, rivolgendomi sogghignando a lui: — Oh, signor dottore dabbene — gli dissi, — oh io l’ho saputo il nome dell’autore di quel sonetto da ier sera; non l’ho dett’io ch’io lo conosceva quel babbione, signor dottor riverito? Gli è proprio quello ch’io supponeva: l’ha detto Sua Eccellenza