Pagina:Barrili - Arrigo il Savio, Milano, Treves, 1886.djvu/267

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— Un’altra lettera anonima, capisci? E questa, poi, l’ha ricevuta il senatore Manfredi.

— E tu sospetti di lui? — disse Arrigo. — Sei ben sicuro di non fargli torto, e di non essere tanto più ingiusto verso di lui, dopo che egli ha incaricato i suoi padrini di farti delle scuse?

— Si possono far delle scuse per debolezza d’animo, come hai creduto tu questa mane, o per non guastarsi con qualche persona troppo amica dell’avversario, come ho creduto io; — rispose il Gonzaga. — E in un caso e nell’altro, si possono affidare le proprie vendette ad armi come queste. Eccoti una delle lettere, che oggi sono state scritte; è quella che fu mandata al conte Pompeo. Non ti par naturale di applicarle la massima romana: “is fecit cui prodest?„

Arrigo diede una scorsa alla lettera, e fremette; poi osservò attentamente la mano di scritto.

— Questo carattere non mi giunge nuovo; — diss’egli.

— Bada; è carattere di donna.