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— Del Valenti? — esclamò Andrea Manfredi. — Del giovane sodo?
— Sì, proprio lui; non lo sapevi?
— No, davvero. Cesare Gonzaga ha lasciato l’Italia trentatrè anni fa, e col Valenti, sai, ci vediamo poco.
— Sei come mia moglie, tu! — osservò il Castelbianco, dando una sbirciata alla contessa, che stava fortunatamente ragionando in disparte con Gabriella. — Quel Valenti le è uggioso, direi quasi antipatico. Ma perchè, dico io, perchè? Non è forse un savio ragazzo?
— Troppo savio; — rispose Andrea, — e la contessa, che ha rettitudine di giudizio, lo avrà subito indovinato, come l’ho indovinato io. Quelli lì, mio caro Pompeo, non sono giovani, e tu spendi male con essi il tuo bel titolo di ragazzo. Hanno l’anima vuota di nobili idee, il cuore risecchito: chiamali banchi ambulanti, orologi a pendolo, incapaci di un errore, ma anche di un largo concepimento e di uno scatto generoso.
— Sì, hai ragione; — disse il conte. — Ma