Pagina:Barrili - Castel Gavone.djvu/106

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bolario dell’età di mezzo, troverà di che avvalorare questa etimologia, che ha già il vantaggio, sull’altra, d’esser più ragionevole. Io frattanto, ritornando alla storia, dirò che il castello Gavone era davanti e da tergo reso inaccessibile, mercè due fosse profondamente stagliate nel masso; che era afforzato da quattro torri sugli angoli; che ci si entrava da un ponte levatoio e che sulla porta castellana, in una tavola di pietra scuriccia, vedevasi scolpita l’arma dei signori Del Carretto, cioè a, dire uno scudo, partito a fascie diagonali, sormontato da un elmo di corona e tratto su d’una carretta simbolica da due leoni aggiogati.

Quella nobil veduta si parò davanti ai due cavalieri genovesi, a mala pena ebbero afferrata la cima del monte. Doveva esser quello il fine dell’impresa futura; che peccato, in cambio di giungervi eglino soli e in veste di messaggeri, non esservi già collo stendardo della Repubblica e con buona mano d’armati!

Messer Pietro Fregoso, come uomo che delle grandezze umane s’intendeva la sua parte, guardava ammirato quel forte e insieme leggiadro edifizio. Il Picchiasodo non ci vedeva tante bellezze e dava in quella vece la sua guardata alle balze circostanti, per vedere se ci fossero strade, e come disposte. Le strade, si sa, erano il suo grattacapo, e di queste delizie n’avrebbe volute in ogni luogo e per ogni verso, come pur troppo occorre solamente delle molestie, in questo mondo gramo.

Varcato il ponte levatoio, entrarono sotto l’androne, e, mentre il capitano degli arcieri andava a dar no-