Pagina:Barrili - Castel Gavone.djvu/133

Da Wikisource.

— 122 —

rischiararono nessun apparecchio di macchine, e in quella vece si vide un nuovo steccato a San Fruttuoso, come la mattina antecedente lo si era veduto a Vigna Donna. E l’uno appariva collegato all’altro, come ambedue alla bastita di Castiglione.

Capirono allora i difensori del castello che cosa significasse la legnaia del giorno addietro, e stupefatti domandarono a sè stessi se i Genovesi intendevano di andar oltre a quel modo, sotto i loro occhi, fino alla vista della Marina.

La cosa non era del tutto improbabile. I Genovesi andavano meritamente famosi in tutta la Cristianità, ed anco in Turcheria, per la loro eccellenza nelle opere di legname usate alla espugnazione della città. Quest’arte l’avevano ereditata da Guglielmo Embriaco, di cui ho raccontato altrove le mirabili imprese.

Per altro, dal valoroso Capodimaglio avevano anche ereditato il costume di menare arditamente le mani, e non era da credere che volessero lavorar di accette e martelli più del bisogno. Certo, se avevano fatte tre bastite in cambio d’una, egli c’era il suo bravo perchè.

Ed erano riusciti una meraviglia, quei tre battifolli, quantunque edificati all’infretta. Per una lunga diagonale, dal poggio di Castiglione insino a San Fruttuoso, dove la spiaggia del mare incomincia a restringersi sotto l’eminenza di Castelfranco, si stendeva non interrotto un ciglione, protetto da fosso e steccato. Il marchese Galeotto, che era accorso di buon mattino al castello, non potè rattenersi dallo ammirare l’operosità e l’avvedutezza militare del suo avversario.