Pagina:Barrili - Castel Gavone.djvu/217

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villate di Carbuta e di Calice, che sono alle spalle di Pertica, scendesse per le Vene e San Pantaleo a cercare la strada battuta, che mette a Gorra o Gottafrigia, proprio alla vista di Pertica e del castello Gavone. Al nome di Dio, ci siamo finalmente arrivati!

Detto il come, diciamo anche il perchè. Messer Pietro Fregoso aveva potuto scorgere, durante l’assedio del Borgo dalla parte del mare, che il marchese Galeotto, sebbene abbandonato dal grosso del suo parentado, riceveva pur sempre dalla parte dei monti aiuto d’uomini e di vettovaglie. Per tal modo, in fortissimo luogo com’era e combattuto cogli scarsi ingegni di quel tempo, il suo nemico poteva durarla, non che per mesi, per anni. Diffatti, anche distrutto il Borgo dalle artiglierie genovesi, a Galeotto rimaneva il castello su in alto, donde avrebbe tuttavia comandato i passi, per cui gli veniano gli aiuti. Di là, dunque, di là bisognava andare ad offenderlo.

Cotesto gli era detto eziandio da una lettera cieca che un prigioniero restituito aveva trovato nella tasca del suo farsetto, con tanto di soprascritta al capitan generale. «A che vi ostinate di fronte? Pigliate il vostro nemico alle spalle. La pianura davanti al Borgo dà libero campo alla cavalleria, ed ogni avvisaglia, essendo voi così sotto alle mura, mette a repentaglio le vostre bombarde, come di recente è avvenuto. Inoltre, badate. Il duca d’Orleans ha comandato al balìvo di Trasnay, suo governatore in Asti, di venire in aiuto al Finaro. Il vostro Tommaso di Bagnasco a stento lo rattiene in Ceva, mentre Spinetta del Carretto fa fuoco e fiamme perchè s’accosti a Garessio, dove al marchese Galeotto riesca più agevole tirarlo a’ suoi fini.»