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pote; ma per lei, non senza meraviglia del valentuomo, rispose la voce di madonna Nicolosina. Poche e rotte parole chiarirono ogni cosa, e l’entrata dei nemici, guidati da due traditori nel castello, e lo stratagemma della Gilda, e l’infame attentato del Sangonetto. Ma la Gilda? ov’era la Gilda? Nelle stanze della padrona, per fermo. E mastro Bernardo vi corse a furia, brancolando a guisa di cieco, urtando della persona nei muri, guidato dai cenni della contessa d’Osasco, non meno ansiosa, non meno trepidante di lui.
L’uscio era aperto. Si gettarono dentro, egli, madonna Nicolosina e i pochi che avevano seguito mastro Bernardo lassù. Un doloroso spettacolo si offerse ai loro occhi in quel punto. La Gilda, pallida, scarmigliata, noncurante di loro, stava acchiocciolata presso un cadavere. Invano la chiamarono per nome, la scossero, la incalzarono colle dimande; li guatava attonita, senza risponder parola; componeva le labbra ad un riso melenso; indi tornava a guardare il cadavere.
Madonna Nicolosina chinò gli occhi a sua volta e ravvisò Giacomo Pico, il suo fiero amatore; rabbrividì, pensando al pericolo ch’ella avea corso, e a quel nero tradimento che, nella profondità delle sue dolorose cagioni, nella fulminea prontezza del meritato castigo, e nei lutti che si seminava d’intorno, attingeva una specie di cupa maestà, siccome è dato anche al delitto di averla, quando esso derivi da una grande sventura. E cadde allora, combattuta da tante sensazioni angosciose; cadde a terra e pregò, colla fronte umiliata ai piedi di Gilda, che or lei, ora il morto, guardava con occhio istupidito e rideva.
Intanto, gli uomini che avevano seguito mastro Ber-