Pagina:Barrili - Come un sogno, Milano, Treves, 1889.djvu/262

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Basti il dire che, per avere un po’ di tregua, mi feci a dividere la mia impazienza in tante parti quante segnava stazioni l’orario. A Rimini, aspettavo il Riccione, famoso per la gran colpa di Cesare; al Riccione, la Cattolica; alla Cattolica, Pesaro; a Pesaro, Fano. A Fano mi avvidi che eravamo a mezza strada, e respirai. Ma la seconda metà del viaggio era ancor più lunga della prima. Provai a chiuder gli occhi, lentando le redini alla fantasia nella regione dei sogni. Ma non c’era verso; la fantasia s’incappucciava, come un cavallo restìo; gli occhi si aprivano ad ogni tratto per vedere il paese: la persona infastidita voleva sempre mutar luogo, e andare in volta, or da una parte, or dall’altra dell’ammezzato.

Tormento ineffabile, che tuttavia non era scompagnato da una certa dolcezza. Parrà strano, contradittorio, ma è vero. I martiri,