Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu/155

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Ella guardò un poco il ruscello, misurandone a occhio l’ampiezza.

— No, vi confesso; — rispose. — Coll’impiccio della gonna!

— Permettete, allora; qui non c’è tempo da perdere; vi rapisco senz’altro. —

Le prendo ventaglio e ombrellino, e getto i due arnesi sull’altra sponda, ma un po’ lontani, che non m’impaccino il passo. Poi prendo lei nelle braccia, mi assicuro di averla bene in equilibrio sul petto, e spicco il salto. Il rivo non era largo più di sei palmi, e non facevo poi un miracolo di destrezza; ma il peso che avevo sulle braccia, e la cura che richiedeva, non mi lasciarono veder bene davanti a me, nò pensare che la sponda di là era in un certo punto assai molle per l’avanzarsi dell’acqua sotto l’erba traditrice. Così immollai un piede fino alla caviglia; ma la contessa era in salvo. La deposi sul sodo terreno, raccolsi l’ombrellino e il ventaglio, feci un altro gesto rabbioso a Buci, che si era fermato davanti a me, non intendendo una saetta di tutte quelle novità; e su per la salita a gran passi.