Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu/183

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sarebbe il caso qui per l’appunto. Perchè io non li temo, i miei tre fastidiosi personaggi, e temo piuttosto che mi vogliano stancare, ridersi di me, per trovar poi qualche gretola e scapparmi via, dopo avermi ben molestato; li voglio al punto buono, per andar subito a fondo. Hanno certe arie, davanti a me, da cavare i ceffoni dalle mani di un santo. La pazienza non è il mio forte, e mi duole che non ne siano persuasi. A buon conto, una ne ho fatta, che li ha costretti a meditare. Quando c’incontriamo, senza che ci siano signore di mezzo, non ci salutiamo neanche. Ho incominciato io; questa voglia me la sono levata, rizzando la testa e facendo sporgere un pochettino il labbro inferiore, come un arciduca di casa d’Austria. Tanto meglio per loro, se facendo così li avrò liberati d’una noia; certo mi son liberato io d’un’altra maggiore. Ma se credono che io voglia fermarmi qui, la sbagliano di grosso.

Sono io innamorato della contessa? No davvero. Incapriccito? Neanche. Anzi, diciamo tutto, se alle prime poteva darmi negli occhi,